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Ieri pubblicate 23 poesie e scritti 35 commenti.
Poesie pubblicate: 361’247Autori attivi: 7’476
Gli ultimi 5 iscritti: Antonio Ivor Boatti - angelobello11 - Maurizio Cortese - Maria Grazia Cavini - Alessandro di Biasio |
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Lucillo Dolcetto
Le 166 poesie di Lucillo Dolcetto
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Spettacolare,
meravigliosa,
oggi appare
la cima del Rosa.
La lieve brezza,
calda nel sole,
come carezza
sfiora sue gole.
La nebbiolina,
se pur leggera,
questa mattina
già più non c'era.
Il lume che accende
il giorno che
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Alleluia! E' risorto.
Alleluia! E' risorto,
è risorto dall'avel.
E la Pasqua del Signore
giorno lieto sarà.
Il Sepolcro era vuoto:
quale forza,
qual portento
quella pietra rotolò?
Simon Pietro
e l'altre donne
ch'eran
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Salito sull'asinello
che, entrando nel villaggio,
trovarono legato
come aveva detto;
la strada tappezzata
di fronde e di mantelli:
Osanna! Gridavan quelli
che stavano davanti,
come pure quei tanti
che dietro lo seguivano,
testimoni tutti
di
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Solo la fame jera abondanza:
pur el polàme nol impinàva la panza.
Tante gaìne a se slevàva,
ma i ovi che le fedàva
i se usava al posto dei schei
par vestire noantri putèi.
Anca i pochi fati in
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Se n'è andato anche Febbraio,
breve ma brutto come Gennaio.
Tanta pioggia e fiocchi di neve,
caduta più volte con manto lieve.
Nell'elenco dei mesi è il secondo,
quello più corto, nel girotondo.
Porta con sé,
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Respiravan già la morte
quei che andavan su quel treno
che serrate avea le porte,
sì da far "venire meno".
Era razza maledetta,
per i Nazisti, quella Ebrea:
non dovea con quella "eletta",
mischiar sangue, ne
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Provo meraviglia
nel vedere in giardino,
ancora vermiglia,
fare capolino
un'intrepida rosa.
Siamo in Inverno!
Non c'è ragione
se, sempiterna,
ancor si propone
il fior della sposa.
Oggi, che la neve
dal ciel la colpisce,
in tempo
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Sotto una vite molto longeva,
per tutto il giorno il ferro batteva.
Non c'era riparo quando pioveva,
e anche il sole di rado filtrava.
Saldar con l'ossigeno, allora, si usava:
la fiamma violacea il bimbo incantava;
l'acetilene acre
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Sono giunti alla capanna
quei sapienti tre Re Magi:
son venuti da lontano
per adorare quel Sovrano,
nato Re senza corona.
Si fermarono da Erode,
che regnava sul Paese,
per saper, con falsa lode,
s'eran vere "quelle cose".
Saputo
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Da un capo all'altro del Mondo,
per il fatto d'esser rotondo,
son ventiquattr'ore di Feste,
anche da persone modeste.
Augurando la Pace, brinda
anche chi non ha faccia "linda":
si stringe la mano all'amico,
si odia, ancora, 'l
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Che vision spettacolosa
offre, stamane, il Rosa.
La veste, che tutta ha bianca,
dell'occhio la vista stanca.
Se lo sguardo spazia
dal Monte di Varese,
non puoi campar pretese
che altro di bello sazia.
L'occhio fisso rimane
su quella
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Sono un bue ed un ciuchino
che riscaldano 'l Bambino
nato in quella terra brulla
come chi non conta nulla.
Sono usciti dalle mura
di Betlemme con paura,
non sapendo se trovare
luogo dove riposare.
Ecco, là, una caverna!
Era priva di
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Un lieve fruscio d'ale
Ti rese paurosa
allor che Gabriele
apparve nella casa.
A quali faccende intenta
eri, quel giorno, Maria?
Stavi filando la grezza lana?
tornavi dal pozzo
con la brocca piena?
Quel saluto che Ti porse:
"Ave Maria
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Con Giuseppe e la sua sposa
c'è un bimbo che riposa
non sul letto, com'è usanza,
al calduccio d'una stanza,
ma su poca trita paglia,
con quell'animal che raglia.
Sono giunti a Betlemme
procedendo lemme lemme,
ché Maria
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Siamo in Dicembre,
e par che sia Settembre,
ché la temperatura
non è ancora "dura".
La pioggia a catinelle
ha reso ancor più belle
le rimanenti rose,
che vedi ancor graziose.
Qualche altro fiore
mostra pieno
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Per la gran schiera dei primi credenti,
era "un cuor solo e un'anima sola"
e, del venduto il ricavo, in talenti,
veniva creduto sulla parola.
Nessuno fra loro era nel "bisogno":
si realizzava quel ch'ora è sogno.
Pur
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Cerca la poesia:
Invia un messaggio privato a Lucillo Dolcetto.
Quando, un tempo, le povere case
erano spoglie d'arredo, di cose,
bastava a vestirle un vaso di rose
a centro tavola, un piatto per base.
Anche il profumo intenso che dava
era motivo d'alleviar tristezza;
tant'era splendida loro bellezza,
che
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Dal cielo grigio, leggera stilla
irrora 'l prato dall'erba gialla.
Nei Cimiteri, la negra terra
grava più fredda su quei che rinserra.
Ardono i ceri, quasi a scaldare i cari
che ancora sono nei nostri cuori.
Ecco: il sole la nube
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Dov'è finita la poesia
che ti dava l'Ave Maria,
quando chiamava, la sera,
i fedeli alla preghiera!
Esplodeva qual scintilla
nella quiete, quella squilla
che nell'aria spandeva 'l suono
che ti portava ad esser buono.
Era il sole alto
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Quella pagina che il caso buffo
volle si aprisse sul "Va pensiero..."
fece il Maestro curioso davvero,
da convincerlo a sciver "Nabucco".
Da "Un giorno di regno"
al "Falstaff buffone"
quanta
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La povertà chiamata
era da Te, sorella,
e tanto l'hai amata
come novella stella.
La compagnia trovata,
e Chiara, giovin bella,
formaron quella nata
comunità novella.
Sul Tuo corpo emaciato
compaiono quei segni
che sono come
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Più che un falegname era un artista!
però, nel faticare, non stakanovista.
Poco il tempo in falegnameria,
molto più quello in osteria.
Aveva un pregio poco usuale:
di barzellettaro eccezionale.
Da dove attingesse quel
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Dopo un'Estate da dimenticare:
ecco l'Autunno vedi arrivare.
Si vendemmia al pian e sul colle;
profuma l'aria del mosto che bolle.
Maturan in collina noci e castagne,
più altri frutti nelle campagne.
Anche nell'orto molte
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Quend'era l'uva
pigiata co' piedi,
per noi bambini
era un "Bengodi".
Saltellavamo
ne' tini stracolmi,
come uccellini
tra i rami degli olmi.
Il mosto fluiva
nella tinozza,
e 'l suo profumo
già dava l'ebbrezza.
Era posto
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Xe el merlùzo
secà come on zhoco:
come stocafisso
xe pi' cognosèsto.
Batù da on mato,
cunzhà da on sbronzo,
xe el piato
pi' bon del mondo.
Par ore e ore,
pianèto pianèto,
fato bogire
'ntel so
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I tralci soccombono
carchi di frutto
in dritti filari
di scuro screziati,
alla fine di Agosto.
Il grappolo maturo
alfin era colto
da man delicate,
per sua pigiata
ancor con i piedi,
per spremerne 'l mosto.
Il cancello d'accesso
al grande
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On fià de pan biscòto,
na supa poarèta,
na feta de panzèta,
on goto de clinton.
Se questo te par poco,
pensa che zherta zente
no la gavèva gnente
da metar sot i dent.
El pan di Teserati
el jera cussì
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Me recordo che in cusìna,
propio a rente 'l fogolaro,
za da presto, la matina,
non apèna fato ciaro,
sora on vecio caregon,
se sentàva nono Jon.
Lo ciamavan co sto nome
parché tornà dai Stati Uniti:
dalo Stato
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166 poesie trovate. In questa pagina dal n° 31 al n° 60.
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