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Emanuele Strada
Le 139 poesie di Emanuele Strada
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| E giunse tra i flutti
il salato destino
di un naufragio cercato
dove il sole s'immerge
senza affogare;
il vento è stregato
ed il mare oleoso
va a rapire il mio corpo.
Una rotta a pochi nodi
mi manteneva a galla
sospeso nel peccato
di
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Scorrono verso terra
bramose le ostinate prue
dei giorni convulsi.
Nelle vele colme d'essenza
danza sinuosa
la speranza turgida.
Di spago e conchiglie
è il monile del mare,
l'orma stranita
del piede sul suolo.
Nell'aria
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| Mia madre
aspettava
alla finestra,
gomiti puntati
affacciata nel sole,
tra poco sarà a casa
il suo amore.
Lo zaino
appeso al grembiule,
correvo
più veloce del tempo,
un minuto
e avrò,
nei miei occhi
il suo
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| Tra le vetuste case
le vie acciottolate
buie e strette.
La Natura selvaggia
riconquista a morsi
il proprio spazio.
La desolazione
salta dalle piazze
ai portoni vuoti.
Tetti crollati
tra muri
appesi al cielo
come lenzuola di memoria.
Il
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| Lacero sei;
corpo ossuto
di pelle vestito.
Nato nel mondo, nel tempo,
casa, rifugio, cortile sulla via.
Perdona i miei torti,
perché io ho già perdonato
la polvere del tuo domani.
Compagno, custode
da sempre diverso,
in gara col
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| Come la meraviglia disegna
sui fogli di un istante i suoi bagliori
così, sempre, il vecchio- nuovo me
si rimescola e si rivela.
Cartografando l'inesplorato gironzolo
svelandomi codici ancestrali,
tutto si fonde e questo confonde
tutti i
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| Ogni sera là m'accoglie
tra la rete che dissolve
filtra vivo il pulsar forte.
Sospensione d'ogni attesa
e silenziosa è l'ansia dolce
famigliare eppur novella.
E' lì in quel pozzo
dov'io sprofondo
precipitar dal
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Che cortesia
quel delinquente apatico
nel suo informatico bastione senza cuore
a sbandierare il cravattino
come un drappo,
ad ammagliare
con quel sorriso da rapina.
Il fio è pagato
e l'avvenire in fermoposta
e in appendice le
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E' dentro ad un ciocco di legno,
dove si annida il mistero
di una nuova vita inattesa
di un ligneo ardore sincero.
Striate vene fibrose
accolgono i miei pensieri
di pino il cranio pensoso
di cirmolo i tratti leggeri.
E' compito della lama
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E venne il giorno
In cui trovai il cassetto vuoto
Solo accumuli
D'insormontabili silenzi
E cessai il volo
Sui precipizi d'emozione
Che barattai con mute note
D'inafferrabili colonne sonore
Aggiunsi anelli
Alla catena di un'esistenza
E
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Nel vuoto dei pensieri
ti manifesti
ricordo
in una bianchezza
in una assenza parlante
sei vivo
e pulsi
piccola isolata fibra
di un'insieme
di un nulla
di un tempo finito
emerso dal pozzo
dell'anima
da un tuffo
di secoli fa
che
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Chiatte e barconi tremanti
stretti legacci di un cordame annodato
nel ghetto senza muri di un molo
esclusi dal viaggio di un mare furioso.
Salmastra è la pelle di paurose vele
esuli dai pericoli della navigazione,
s'addormentano in una
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Nella culla delle mie braccia
ho disegnato le favole più belle per te
Sul confine del mio indice
tessevo la notte tra stella e stella per i tuoi occhi
Le fanciulle lunghi capelli
cantavano il coro d'amore e miele a gocce.
Ed ora esiste
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| Se la tua dolcezza
Sapesse trovare la via
Che porta alla mia speranza
Potremmo rincontrarci
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E' il regno di Francesco
mirabile pastore
il semplice oratore
di corte il redentor.
Denaro e sesso regnano
sovrani fra le croci
rinnovano audaci
il dettame secolar.
A passi di supplizi
tra acque benedette
processionano scarpette
le vesti
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Abbandono
la domanda
che vuole essere cruccio.
risalire per emergere
e distaccarsi dalla scia delle non cose
dei non accaduti.
dispersioni
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Invia un messaggio privato a Emanuele Strada.
Ci son batuffoli di luce sul mare d'Atlantide
e lievi lampade limpide sulla gente del porto
le barche non si arrendono a nessuno sconforto
sui pavimenti pacifici di queste acque placide.
Non vi son che tre vie per chi vuol navigare
vivere,
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E' vostra la forza ribelle,
a noi appartengono le mobili sabbie
non rossi libretti e rabbia sottopelle
ma fragili collose aspettative, gabbie.
E siamo impreparati e furtivi
deformati al centro della lente
sorpresi dai fari come gatti nei
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| Cerco scorci
che siano il rifugio
per questa penna affannata ed aguzza
che siano casa per le cose più vere
dove l'oggi ed il sogno
si sappian finalmente riunire.
forse è un guizzo,
è un affaccio al di là del
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| E si son chiusi i cancelli
e le speranze recise
gli spazi son angoli bui
ammutolite le attese.
le mani che han lavorato
nodosa artrite decora
ruvida pelle callosa
la piaga che le divora.
in testa batte continuo
quell'ancestrale
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La nera voce delle ciminiere
canta all'unisono le robuste parole del progresso
le guglie acuminate trafiggono il cielo
e le sirene urlano il tempo
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e percorro le strade della mia città
come i corridoi della mente
moltitudini di vite
nell'ordinato caos molecolare s'intrecciano
viandando per luoghi ignari
sguardi di ricercata intesa
domandano un'incontro di destini
senza chiedere
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Docile tepore di mani
a bendare questi occhi smaniosi
è l'invito ad arenare ogni angoscia
all'ombra boscosa di una chioma sovrana.
Sciolgo i lacci, disattenti ed effimeri
mi disarmo innanzi al candore
ed attendo l'improvvisa
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| Ed ecco che giunge il Natale
l'evento addomesticatore
che riconcilia e disarma la rabbia
che tra amici e in famiglia dilaga.
si affettano spicchi di dolci
si sturano i tappi nell'aria
si spendono pezzi di carta
giocando ad esser più
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| Scade ogni epoca
scadono questi giorni
in cui gli attimi
scandiscono il vivere.
E la chiamiamo età
questa collezione già finita
dove ancora tutto è da esplorare
dove ogni minuto
è un elastico di secolo
o un'era
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Più combatto contro il mostro
più proteggo la sua sopravvivenza
tu,
osservi incredula
la vile rinuncia di una spada
ma non conosci
l'insopportabile dolore della lotta
e mai
addomesticherò la belva.
Mi
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La casa fu il nido
di spine e di brace
fu il porto di conforto
per assaggi di meraviglia
e l'autogrill sulla via lattea
dei troppi giorni di alterno sgomento.
In un libero canto tra quei muri
crebbe la mimica delle nostre maschere
nella
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Commosso scorgo
l'ombroso bosco
con l'odoroso olmo fosco;
son sottotono
sono contorto
solo col mondo storto
no,
non lo sopporto;
sormonto 'l dosso
corro sottofosso
scovo l'orso,
morboso mostro
'l pomposo corvo torvo
non odo lo zozzo
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| Da terra Istriana
proviene il tuo mistero
quando l'Esarca di Ravenna capitale
volle gustare l'aspro morso sincero
che come cagna la fece nominare.
Del sole estivo
cogliesti la calura
in giorni persi ad ingrassar tra vigna ed ozi
il rosso raspo
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139 poesie trovate. In questa pagina dal n° 1 al n° 30.
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