Asia, la terra ti ha plasmata
azzurra come un fiordaliso.

Così guardandoti mi perdo,
eppure illogico chiederti se sei reale,
non puoi rispondere
che d'improvviso battito di ali
sul ciglio delle mie speculazioni.

Donna, io ti vorrei superba
a cingere la vita delle viole
con le dita e il bacio delle ciglia
sull'immagine abbozzata di una vela.

Asia, il vento ti ha plasmata
di dune gialle come soli accesi.

E domandarti, vorrei, di carovane
verso le tendopoli del sud,
e sabbia rossa nella pioggia in agosto
e cani sciolti a battere orizzonti
di safari immaginari e scimmie e predoni.

E mari oscuri in cui pescare miti
e danzatrici con ombelichi di diamante,
e pelle speziata d'ambra e di vaniglia,
e uomini dalle orbite nere di pece.

Asia, la pioggia ti ha plasmata gonfia
come soltanto puo' un mango maturo.

Ti assaggerei credendoti veleno
e spasmi e spuma e poi sarei insulare,
e gli occhi volti ai pescherecci carichi,
alle svariate rotte dei tritoni, ai marinai
nostalgici e ai loro rotti canti,
reinventerei la carta dei coralli bianchi.

Asia, il focolare materno ti ha plasmata
di tizzoni e polvere e scintille e soffio
sui bracieri a rinnovarli, percorsi
e variazioni di infinito, e l'orma tua
dei piedi sul carbone è una promessa
che reca in sè il sigillo dell'eternità.