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E vagare sulla strada
come consunto dimenticato oggetto dall'Umanità,
predestinato dal selciato angusto
a giungere a un portone ove non si ricorda un briciolo
della tua essenza.
E guardare tentennante dalla grata
l'abbandonata fabbrica, ove sbatte ingrata la pioggia,
spietato uccello,
sugli strumenti di controllo ruggine contusa...
In questo panorama di desolata quiete
mestamente fiuto il ricordo di Voi,
poveri neonati esseri, dalle ossa fradice di umido e di nulla.
Il freddo tramontar del sole sui casolari assenti
Intesse con trama di ragno, scarna Memoria
su questo angolo di città dannata,
sulla presenza dei suoi obliati enti... | |
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Questa poesia è pubblicata sotto una Licenza Creative Commons: è possibile riprodurla, distribuirla, rappresentarla o recitarla in pubblico, a condizione che non venga modificata od in alcun modo alterata, che venga sempre data l'attribuzione all'autore/autrice, e che non vi sia alcuno scopo commerciale.
«Questa poesia esprime tutta la mia desolazione nel vivere in una grande citta' come Roma ove non si sa chi nasce e non si ricorda chi muore. Il luogo dove ho ambientato il mio pensiero è la mia vecchia casa, a Via della Magliana ove ritornai pochi mesi fa. Il mio vicino con cui avevamo parecchi contatti, non appena mi vide mi guardo' come se non mi riconoscesse e questo sottolinea il perdersi del passato, il dimenticare una persona defunta, soprattutto nelle metropoli in cui, al contrario dei paesi, tutto si disperde...» |
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