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I miei inverni apparivano in silenzio,
un giorno dopo l'altro,
e mentre attorno tutto si assopiva
io vivevo intimamente il suo arrivare.
Dapprima era l'aria a perdere il tepore,
poi il mattino che tardava a farsi chiaro,
gli echi della valle che smarrivano il vigore,
e le sere che invitavano al riparo.
In cielo a volte si accendeva un lampo,
oppure sulle cime brontolava un tuono.
Poi qualche temporale
e alla sera sempre un po' di vento.
Ma quando lui arrivava guidando il carro bianco,
era come se il mondo intero volesse riposare.
Poi, silenziosa come una farfalla,
mamma neve ammantava la mia valle.
Quella era l'ora degli addii ai campi riarsi al sole,
agli aceri infuocati e alle corse folli,
ai canti a viva voce
e ai giochi nella valle.
Vivevo un mondo nuovo
in cui la vita un po' cambiava.
Non c'era un'ora dell'intero giorno,
che non avessi un compito da fare.
All'alba nella stalla ad accudire agli animali,
a mungere le vacche,
poi fuori a tagliar legna
o nel fienile a sistemar le balle.
Lo studio nella stalla
Riparare gli steccati
Le bestie lungo i pascoli
e poi rifare i letti.
Ramazzare un po' le stanze,
poi al torrente col bucato,
il pane da infornare,
preparare da mangiare.
Pomeriggio rammendavo
i miei maglioni,
i calzini,
i pantaloni e le camice di mio padre.
A volte le stiravo recitando Pirandello,
e a volte,
(mi vergogno a confessarlo)
sognando d'essere Giulietta.
Nei giorni in cui la neve non dava moto al passo
perfino piatti nuovi provavo ad inventare.
Provavo e riprovavo,
ma la zuppa non cambiava.
Mondo nuovo in cui tutto si mutava.
L'aria,
la terra
e il mio spirito volava.
Anche la casa mutava nell'aspetto
e il suo bel colore
sgargiava più che mai
nel bianco della neve.
E lei,
sentendosi più usata, grata,
per quel sentirsi amata,
ci fasciava donandoci calore.
Gli aromi dell'estate restavano in soffitta,
raccolti fra pannocchie, mele,
grosse zucche appese
e mazzi di spighetta negli armadi.
Non più fraschette di lavanda,
muschio o biancospino rallegravano la casa,
da allora dominava l'odore del camino,
inconfondibile, pesante e gradevolmente vivo.
Il fumo della griglia
inzaccherava i muri,
i mobili, i vestiti...
ed anche un po' di sopra se ne sentiva traccia.
Poi, a sera,
nei momenti miei,
cedevo alla lettura
e alle chiacchiere infinite con mio padre.
Non si usciva,
(ma chi ne aveva voglia)
ce ne stavamo in casa
davanti al fuoco del camino.
Lui,
mio padre,
fingendo una lettura
a volte dormicchiava mordendo la sua pipa,
ed io,
sdraiata sulla schiena con un libro in petto,
sognavo i miei tramonti, i cieli colorati,
Brontolo, Pinocchio e Rikki–Tikki–Tavi.
Indimenticabili sere degli inverni miei,
com'era dolce udire le faville schioccare nel camino
mentre le inseguivo su, nell'antro,
verso il cielo, smaniosa di volare in loro compagnia.
Quanto silenzio,
quanta pace,
quanto amore,
quanto lavoro...
...ma che gioia vivervi,
inverni miei! | |
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Mcb |
24/10/2008 03:40| 2455 |
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