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 Tu che mi guardi e proteggi già al calar
del crepuscolo, lontana Stella rossa,
ti chiedo di far udire la voce,
ed interrogo tuo spirito per saziare
queste domande.
A te rivolgo dolci preghiere, lume della mia
vita, stilla di cuore sacrificato e divorato
dall'amore, dal dolore.
Lui tigre bifronte poggia feline mani
su nudo petto. E i miei occhi sorridono
di stupore innanzi a muscolare perfezione.
Tu rossa goccia, tu mio respiro esalato,
tu ultimo pensiero ed esangue brandello
di ricordi, m'osservi dal buio Creato.
E non hai più lacrime per piangere.
Dimmi cosa fare di potenti
sentimenti, iracondi come
la tempesta. Cosa devo fare io inesperto
marinaio in questo infinito lago,
come fuggire dalle urla del mare,
dalle frustate del vento.
Dimmi Stella scarlatta: cosa posso fare?
Tante, troppe voci simili a pianto di morte
assordano queste orecchie.
E non ti sento.
Forse sei tu a renderti tacita.
Così continuo questo lungo viaggio
tra le onde, tra l'alti padri
della foresta, nella mia anima, negl'Inferi
seguendo te, direttrice di muta orchestra.
Forse mai arriverò ai tuoi confini.
Poi d'improvviso ecco la voragine.
Era questo il tuo diabolico
piano?
E dietro di me tigre bifronte, mare,
tempesta, vento.
Ti sfido.
Ti vinco.
Infine abbandono questa pesante
carne nell'abisso dell'anima,
e assaporo dalle tue labbra il dolce vino
dei sentimenti. | 
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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«...che bella diego... l'inquietudine... è un mare tempestoso che mai abbandona la preda... ma quando diventa poesia... è una benedizione...»
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