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Lasciami.
Torna da me.
Lasciami.
Torna da me.
Lasciami in pace nei sogni,
riponi il tuo vento, ti prego,
quello che t'è sfuggito
e ormai non ricordi.
Soffialo ancora, dai
fallo per gioco o con perfidia,
soffialo ancora
e spazzami via.
Cambia voce faccia capelli statura città lavoro,
dileguati ad ogni orizzonte,
e trasloca in blocco tutti i miei ricordi.
Restami di fronte
non sfiorire di un secondo,
non t'assentare un attimo
e decuplica lo splendido zelo
dell'essermi presente.
Invecchia presto,
guastati, fatti brutta e insensata,
perdi interesse come ultimi spiccioli da una tasca.
Fissami lo sguardo addosso
che io a stento lo sostenga
per anni
che io ti mantenga
perfetta come quando sorridi
e libera pure.
Dimmi che non sono niente per te,
anzi dillo a tutti, scrivilo sui libri,
fallo gridare nei supermercati,
nei canti indiani, nelle nenie delle nonne.
Ma sott'acqua sussurrami che un poco mi hai desiderato,
che a volte ancora quel cavallone
ti butta acqua salatissima nel naso, nella bocca
e quasi potresti affogare
su quest'innocuo bagnasciuga.
Sfila con cura la tua immagine
dal mio involucro
e stoccala
come un rifiuto radioattivo,
sarà comunque inservibile ad altri,
scollami da te
scollati da me
e torniamo ad essere due gradevoli estranei.
Abitami dentro, mangia il mio pranzo
la mia cena,
usa gli occhi miei per guardare,
la mia testa per pensare,
il mio desiderio per sentire,
beato,
io,
in simbiosi estrema col fantasma,
io che succhio linfa da chi non c'è.
Fatti muta,
non sorridermi più,
non scambiare neppure un saluto,
parla solo, se proprio vuoi,
in lingue morte e perdute
che per miracolo tutti possano udire,
specie il tuo caro,
tutti insieme e ciascuno a suo modo
ma non io.
Parlami, ti prego,
chiamami
al telefono, per strada, al citofono, nel sonno,
fatti capire,
distendi la tua storia,
fino ad un momento fa,
svagami di parole
a fiumi
a catinelle
di dubbi, sfoghi, incertezze
felicità, stupori,
grigi, azzurri, gialli
e soprattutto rossi fuoco.
Pensa e dimmi
che è tutto chiaro
ora,
che di certo c'è ciò che è sparito
che festeggi il sollievo e la beffa
di ciò che non torna.
Appendimi al tuo non so,
al dubbio sospeso,
alla vulnerabilissima certezza
che sfuma e non regge
e inquieta avanza e recede
sopra il volto, la gola, il petto e i coglioni
dei quali mi pregio.
Rodi la corda,
consumala col tuo mare,
togli l'àncora e regalala,
fai saltare ogni ormeggio
e parti
col vento buono e sostenuto
in quella direzione
che ti indica il mio dito.
Stringi più forte la catena
togli anelli e tira a te
usa elastici, spaghi, funi
fili da bucato, trecce di capelli,
cordoni della borsa
sciarpe, lenzuola, collane, corde di violino
per tenerti a me,
per tenerti qui, in zona
ancora un pò,
che ne so? ...
magari per sempre.
Piangi lacrime fredde
che puliscano quegli occhi da sparo
che hai
da farli risplendere poi
in un pianto caldo e scomposto
salino, denso e osceno
che pianga finalmente il midollo.
Asciuga le mie lacrime,
usa la lingua, le labbra, la fronte,
le vene dei polsi, le dita,
i capelli
ché da lì
come continuare
l'ho sempre saputo
Fatti lupo
e mordimi il cuore,
strappa, scuci, sconnetti, dilania,
succhia e sputa
ché non può esserti cibo
ma gioco crudele,
iniziazione,
educazione alimentare.
Riesci liquida,
unguento
su queste mie cicatrici,
sugli squarci aperti,
sui dissanguamenti
o almeno ridammi la realtà
così com'era,
bella o brutta,
viva o morta.
Lasciami.
Torna da me.
Lasciami e torna da me. | |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
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complimenti, complimenti. (poeta per te zaza)
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