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♦ Marina Demelas | |
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Re Stefano e la dorce Reggina,
ricevono, a lo spuntà der sole,
er dono de ‘na bella regazzina
Aurora ... frutto de l’amore!
Subbito ner castello fu ‘na festa
tanti invitati tra ricchi, straccioni
la servitù ... tre fatine in testa ...
tranne Malefica for dai cojoni!
Ma quale onta, quale disonore
esse’ snobbata da tali Reali
lei lancia l’anatema strappacore
e quanno ce se mette nun cià uguali!
“Aurora, ar sedicesimo compiuto,
se pungerà cor fuso d’arcolajo.
Chi ha dato, ha dato e chi ha avuto, avuto ...
chi snobba a me ... ha da passà nu guaio!”
Subbito, da la Corte e circondario,
sparischeno arcolaij ner falò.
Nun c’è Vassallo e manco Feudatario
che in nessun posto mai li conzervò!
Le tre madrine fanno pe’ cadò
bellezza pe’ ispirà ‘na serenata,
dono der canto... sor- fa- mi- re- dò...
e sonno- mortem p’esse’ risvejata.
Le tre madrine dorci e delicate:
Fauna, Flora eppure Serenella,
furono dai regnanti designate
a cresce Rosaspina forte e bella!
In una casa drent’ar bosco immerza,
la bella Rosaspina viè allevata...
ruspante, genuina, estroverza
(nun sa ch’è Principessa designata).
Tra er lusco er brusco e le fronne ar fresco
Aurora incontra er Principe Filippo...
lo trova mòrto bello e pittoresco
spera de rivedello senza inghippo!
A sedici anni, quanno pja coscenza,
ch’è Principessa, torna ar Castello
e aritrova “Sua Maleficenza”
che già j’ha preparato un ber tranello!
La plaggia, l’ipnotizza, ammaja, incanta ...
poi se trasforma ner fuso pungente
poi cade drent’a un sonno mezza sfranta
la Bella Principessa è Dormiente!
Co’ l’occhi chiusi ma er cervello acceso,
aspetta ch’er fustaccio sur destriero,
co’ un bacio la sollevi da quer peso
e opre lo scenario orte er nero!
Filippo è stato preso priggiognero
pe’ evità che co’ la bocca a serfi
ammicchi baci da sopra er destriero
è in ostaggio de sett’otto erfi!!
Aurora frulla e penza, penza e frulla:
“Chi viene a libberamme da ‘st’inferno?
So’dorce eppure ‘na bella fanciulla!
Che serve? Er bene placett der governo?
A l’orizzonte ‘na figura amena.
In sella a un ronzino, un Cavajere,
co’tanto de Alabbarda e su la schiena
‘na ferpa presa a un berzajere!
È Ser Matteo, visconte de Pontida,
quanno ch’ariva lui la scena cambia,
“Saremo” lo trasforma in “Corida”
e mai figuraccia risparambia!
“Quanno c’è da bacià una donzella,
io, nun me tiro indietro, so’ galante!
Però la bacio solo ricca e bella ...
parola de Matteo ... er Super- Fante!
Aurora, stai sdrajata ne la teca
e quer cristallo è opaco su le ante ...
controllo lesto che ne la reseca
ce sia lo straccio ‘nzieme ar brillantante!
Me vojo fa er tictocche mentre bacio
quelle labbrucce rosse scrocchiarelle
(peccato ch’ho magnato fave e cacio
inzieme a la pajata e l’animelle)!”
“Signore, nun sia mai che ‘sto buzzuro
me possa arisvejà da quest’inferno...
io ce rinucio, guarda te lo giuro ...
a lui preferisco er sonno eterno!!” | |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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Agli autori di queste poesie va il mio ringraziamento e le mie preghiere, ma anche a tutti coloro che le leggeranno!»
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