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Assevera la memoria!
Oggi si richiama la memoria,
la si invoca per decreto:
ricorda ciò che avvenne,
pensato in un altro gennaio,
in una stupida Europa.
Ricorda! Ricorda!
Non furono fuochi fatui
che bruciarono un popolo,
ma roghi ben preparati
in una culla di civiltà.
Ricorda la cenere,
diventata terra e fango,
o dispersa dai venti col fumo!
Non è stato un film,
girato in bianco e nero:
è successo realmente;
non è stato un brutto sogno,
un incubo da cui uscire,
salvi in una diversa realtà.
Non è stata una scena teatrale
da seguire in poltrona:
accadde tutto davvero.
Bisogna affinarla la memoria,
affilarla come un coltello
perché possa incidere
la durezza della dimenticanza.
Ricorda con tutto il cuore,
tieni a mente l’orrore
che infuria incendiario
nella tua fornace interiore!
Ricorda! Ricorda!
Non basta ancora il ricordo
per quell’oceano di cenere
disseminato di fiori del nulla.
Non resta molto di quelle tracce,
di famiglie e comunità annientate.
Quel poco di restanza lo dobbiamo a noi,
sopravvissuti alla cenere.
Ma non è un debito,
perché siamo noi i debitori
del loro olocausto.
Ci permettono di ricordare:
siamo vivi per farlo,
per prolungare la rimemorazione,
come differimento sostitutivo,
dilazione della morte,
anche della nostra,
cercando deviazioni, vie di fuga.
Resta però anche una domanda,
quella cruciale, che brucia doppia:
quanto potrà differirsi l’oblio?
quanto potrà prolungarsi il ricordo?
La memoria è esposta all’usura,
allenata, dura un po’,
ma non dura per sempre.
La giustizia che richiede ricordo,
non si scontra infine con l’amnesia?
Il diritto massimo del rimembrare,
si unisce al nostro dovere,
anello di una catena virtuosa,
di testimonianza,
che porta verso l’infinito.
Ma chi potrebbe ipotecarne l’eterno?
S’attesterà per sempre davvero
la necessità del ricordo?
Non si spezzerà, prima o poi,
la catena dei testimoni?
È arduo pensare alla specie umana,
alla mente dei miliardi,
come destinati a esistere per sempre.
Non si prepara, alla fine,
per ogni ricordo e memoria,
il sopruso dell’ingiustizia?
Chi porterà la fiaccola del ricordo,
quando non vi sarà più nessuno
che potrebbe rammentarsi?
Si stratifica qui il ricordo,
ma in modo estremo:
delle vittime, dei carnefici,
dell’ampia zona grigia,
di chi collaborò all’orrore,
nel senso di chi fu il ricordo,
e del genitivo oggettivo
o di quello soggettivo.
Siamo in molti a ricordare,
ma chi ricorda chi?
Chi ricorda cosa?
Vittime furono carnefici,
vittime divennero testimoni.
Vittime soccombettero
vittime si salvarono.
Anche carnefici si salvarono,
ma non ci interessa il loro ricordo,
ciò di cui si ricordarono:
non ebbero vergogna,
né prima né dopo,
come le vittime l’ebbero
di essersi salvate.
Ma chissà che avremmo fatto noi,
nella nostra zona grigia.
Avremmo contribuito
ad ampliarla? Oppure ...
Non siamo fiduciosi del giudizio,
dubitiamo fortemente
del nostro coraggio,
di poter sopportare,
di non cedere alla viltà,
di saper soffrire
oltre piccole soglie.
Ora ricordiamo severi,
biasimando i carnefici,
perché non si ripeta l’orrore,
per diventare più attenti
ai segnali dell’intolleranza
della malvagità che avanza
accecando la vista,
pietrificando i cuori,
allontanando la pietà,
ogni misericordia.
Inedito, scritto per una Giornata della Memoria | |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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