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♦ Rita Angelini | |
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| Rammento Federico antiochiano:
Fiorenza conclamava gli Altavilla;
durò tre anni; al rimembrar. mi stilla
ambrosia in core, dal sognar diafano;
in Val di Sieve, a Poppi, a Dicomano,
rimane inciso, e, pietra, parve argilla:
l’imperatore svevo dipartì; là
su alba resta, in bel luogo pio, arcano.
Furie guelfe, banche, gli angioini,
indi, Avignone e i ciompi; nulla toglie
il marchio vivo: fede alla corona;
cura, il Prince, gli aromi ai Suoi Giardini:
Ei, Boboli celeste, mite, accoglie
il fiore, Lui che ci ristora e intona...
...petali vivi, da cadenti foglie. | |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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«Il brano di oggi è riferito agli anni dal MCCXLVIII al MCCLI, quando Federico di Antiochia, per conto dell’imperatore Corrado quarto di Svevia, fu conclamato potestà, a Firenze, dalle famiglie imperiali, cioè di parte ghibellina.» |
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