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Quel mar che vollero Turchi e Normanni
più volte conquistar, quel mar cortese
nel suo paesaggio, e pur fautor negl’anni
d’eventi infausti e d’affannose imprese;
quel mar che d’invasioni e stragi e danni
portò ferite, e subito riprese
il suo colore azzurro e il suo lignaggio
vide morire te nel suo paesaggio:
Partenope, pur non morivi invano,
ché di tanta bellezza di sirena
fu testimone il ciel, ne fu il vulcano
la cui mole troneggia sulla scena
della tua dipartita, e non umano
fu quel che nacque allora sulla rena
bagnante le tue spoglie, e terra e mare
si unirono pel golfo modellare.
Da ultimo il Vesuvio col suo cono
di mare e terra rimirò l’abbraccio;
per primo il mare fu, poi fu suo dono
donare all’agro il suo miglior paesaggio.
Par che la terra poi, per variar tono
sconvolse quelle terre, ed il retaggio
di quei sommovimenti son colline
ch’ancor coronan la città sublime
Napoli, che lì sorse, è bella e vera
come Partenope, sua ispiratrice,
pur non eterea quanto la Sirena
ma carnale e terrena e seduttrice.
Ne fu maestra quella terra piena
d’ogni ricchezza, ma ne fu nutrice
quell’aura amante di piaceri e gioco
che viene dal Vesuvio e dal suo fuoco.
Così l’Inferno del vulcano assiso
placido a contemplarla s’unì al bello
della sua stirpe, e Inferno e Paradiso
par ch’in lei abbian cessato lor duello
e convivano insiem, ma perché inviso
al Gran Creator sarebbe stato quello
che gli è nemico veder vincitore
dotò anche allor l’Inferno di colore.
E donò a Napoli la sua bellezza,
il suo multicolor, vivido manto
che ancor porta le piaghe dell’asprezza
del fuoco sotterraneo e ne fa vanto;
ché in nulla sminuisce quell’altezza
di bello ed arte che possiede e tanto
più appare splendida nel sudiciume
tanto più splende il suo sireneo lume.
Virgilio, quanto ben scegliesti il luogo
che per poesia teco rivaleggiare
potesse, quando nascondesti l’uovo
che, vi sia o no davvero, or guarda il mare
chiuso dal golfo, e che a voltarsi in poco
or vede la città è puo’ contemplare
paradisiaco il corso signorile
e, ancor miglior, l’Inferno di stradine.
Virgilio, ben scegliesti, e ora riposi
di dove il guardo vola sull’urbano
ammasso di cupole e tetti rosi
dagli anni, e resi belli da lontano
dal loro sfondo, ed a chi a loro, ascosi
di più si approcci, e scopra che non vano
suo sforzo fu, appariran diversi
ognun dall’altro, ognun degno di versi.
Partenope col caos ha combattuto
lunga battaglia in queste sue stradine:
l’ha amplificato in arte, l’ha vissuto
nelle conquiste, in invasion continue;
un punto al caos ogni invasore ha dato,
ma il caos già sera dato anche lui un fine:
se gioca con Partenope la sorte
Partenope risorgerà più forte.
Più forte e sempre più convintamente
napoletana, e fu l’identità
scudo di una città che fortemente
sempre serbò napoletanità
ad ogni sorte, splendida o dolente,
ad ogni fato, con la volontà
passiva che si adatta alle disgrazie
del caso, pur mai muta le sue grazie...
Cornetti Rossi e San Gennaro e Nilo
che a Spaccanapoli guardi il viavai,
divinità di un mondo appeso a un filo
che pieghi e pieghi, eppure non pur mai
si spezzerà, un mondo che a ogni giro
di sorte e mare appar mutato assai
per la composizion del suo governo,
ma mai in suo spirito, che quello è eterno;
Guardate, ora divinità pagane
di stirpe incerta e ben certa potenza,
guardate come le napoletane
vie mutano aspetto, e l’apparenza
rimane quella, e Napoli rimane
legata a voi, per saggia conoscenza
che molti dèi ha avuto e molte volte
ma unico dio è San Gennaro e la Sorte.
La sorte e il caos perpetuo e il Paradiso
di una bellezza umana e naturale
che è senza eguali, e vien dal condiviso
Inferno trasandato che vitale
divenne alla città e or che il Vesuvio assiso
contempla la sua opera letale
più di Pompei e Ercolano va orgoglioso
della città più che il fuoco focosa.
Contempla la città il Vesuvio e pare
che ben sia fiero di contribuire
a tal paesaggio, e dalla città il mare
contempla il monte oscuro all’imbrunire.
Contempla il monte e poi Napoli il mare;
a te che guardi entrambi ora il morire
ti sopraggiungerà senz’alcun lutto:
della bella Sirena ammiri il frutto. | |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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Sicuramente un lavoro notevole, la rileggerò (Rossi Alessio)
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