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♦ Michelangelo Cervellera | |
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«E' da bambino che sono abituato all'umorismo toscano, in particolare a quello pisano- livornese (Pisa e Livorno sono come le due facce di una stessa medaglia...) , da quando cioè un mio cugino più grande di me di quattro anni, il figlio del fratello maggiore di mia madre e di una pontederese, veniva ogni tanto a trascorrere qualche giorno, con i genitori e la sorella, nella casa in cui allora abitavo nella mia cittadina presso Napoli. Mio cugino aveva un carattere molto gioviale e, abitando allora nel cuore della vecchia Pisa (a Via del Borghetto), si era fatto parecchi amici che gli avevano insegnato tante barzellette in puro stile toscano. E lo stile toscano riesce, con intelligenza e grazie alla sua particolare struttura linguistica, a rendere lievi pure argomenti grevi che, se espressi in un altro dialetto o in lingua, farebbero probabilmente passare per rozza e maleducata la persona che li propone. Mio cugino, a dieci anni di età o poco più, riusciva a incantare anche le persone adulte (come quella volta che lasciò senza parole mio padre, quando prese un giornale, lo arrotolò al massimo, a mo' di un sottile cannocchiale, e disse: "Oh zio, com'è possibile che da un buco così piccolo io veda un... cretino così grande? ") Da allora ho sempre seguito con piacere, nei film, negli spettacoli televisivi, in qualche numero del "Vernacoliere", ecc., la comicità toscana (forse la uso come medicina, per combattere la mia sostanziale cupezza di carattere...)» |
Inserita il 02/09/2017 |
Era una sera buia, tempestosa,
e quel rappresentante di commercio,
dopo giornata lunga e faticosa,
tra le montagne s’era quasi perso.
Il morso della fame era opprimente,
ché a mezzodì mangiato non aveva;
vide una trattoria ben confacente
al caso suo: "Cucina assai sincera" .
Entrato nel locale, il cameriere
gli propose la lingua di vitello:
"Mangerà questo piatto con piacere;
è una delizia nostra, sa, non erro! "
L’uomo rispose: "Sono delicato,
e ciò che nella bocca ha un animale
io non ho mai gradito, anzi ho schifato;
sono queste parole mie ben chiare? "
"Possiamo prepararle, se lei vuole,
un piatto meno rustico, più fino:
mi dica lei ciò che mangiare suole! "
"Mi porti, ovvia, due uova al tegamino! " |
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«Mia rielaborazione poetica di una barzelletta trovata in un vecchio numero di quell’autentica miniera di umorismo che è "Il Vernacoliere" di Livorno. N . B . "In cauda venenum": solo dopo l’attenta lettura dell’ultimo verso scaturisce, magari con un po’ di ritardo, il riso...» |
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