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 La spartenza dal paese natio di Giuseppe Vullo(32 poesie)
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 Addio alla poesia di Giuseppe Vullo(32 poesie)
 Addio ai poeti

Paese mio ti volevo scordar!

Introspezione
Paese mio ti volevo scordar!
Triste spartenza
dal borgo natio,
nelle mani di Dio
affidai il dolor!

Ormai tanti anni,
in mente una chiesa,
febbrile l’attesa,
volevo tornar!

La prima mia vita,
con il santo nero,
resta un mistero
dentro il mio cuor!

In quella chiesa,
dove io son nato,
fui poi battezzato,
come piccolo fior!

Io son come tanti,
i veri emigranti,
purtroppo distanti,
dal suo vero calor!

Or sono stanco,
casa mia è Palermo,
ho il passo malfermo,
mi devo fermar!

Si chiamava Favara,
la mia terra lontana
or la cosa più strana,
non la posso scordar!
Poesia in esclusiva
Poesia inserita in una raccolta
Giuseppe Vullo 03/02/2017 09:32 10| 4986

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.


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Nota dell'autore:
«La chiesa di san Calogero del mio paese, Favara vicino Agrigento. Spartenza il termine dialettale che ha una doppia valenza " partenza e lacerazione", per emigrazione.»

Commenti sulla poesia Commenti di altri autori:

«Un gradevolissimo verseggiare per ricordi incancellabili... la partenza dalla propria terra lacera il cuore ed emigrare vuol dire lasciare affetti e un pezzo di anima dove si è nati e cresciuti... il ricordo è vivo e palpita dentro il cuore dell'uomo che oramai sa che casa sua è un'altra città... è tardi ritornare nell'amata cittadina natia perché la stanchezza ha preso il sopravvento e quindi non si può far altro che cullarla e rimembrarla... versi efficaci che nella loro dolce malinconia catturano l'attenzione del lettore»
Club ScrivereGiacomo Scimonelli (03/02/2017) Modifica questo commento

«lasciare la terra nativa credo sia un distacco dolorosa che si ripete nel tempo,
l'autore con nostalgia ricorda la borgata, la chiesa dove giovane frequentava,
gli amici anch'essi esuli il desiderio di ritrovarsi è ben descritto in rime.»
emiliapoesie39 (03/02/2017) Modifica questo commento

«La partenza dal paese natio è una decisione dolorosa e il dolore lo si porta nel cuore... Ci sono poi, i luoghi dove il cuore stesso ha lasciato la sua impronta e nulla si può scordar... L'emigrante non ha estirpato le sue radici, ma le disseta continuamente con i ricordi, così tutto resta vivido e impresso nella sua mente. L'autore racconta della sua spartenza... e coinvolge in modo incisivo anche il cuore del lettore!!! Complimenti per il testo!!!»
Maria Fiorella Corazza (03/02/2017) Modifica questo commento

«Spartenza, parola emblematica della emigrazione, la vedo nella sua etimologia derivata dal verbo spartire, ossia dividere e quindi un allontanamento per motivi di bisogno dalle proprie radici, dai propri affetti e dal paese natio. E questo implica quella lacerazione di cui fa cenno il bravo poeta medico nella nota. È una lirica struggente questa per tutti i ricordi infantili nella sua Favara... la Chiesa, il battesimo, gli amici, tutti i luoghi più cari. Si respira tanta nostalgia e forse anche il rimpianto per l'abbandono di ciò che era ed è molto caro. Il tutto con una forma stilisticamente perfetta anche per via di quella rima baciata in ogni quartina e del quarto verso tronco. Tutto ciò costituisce un valore aggiunto e non "deminutio"»
Club ScrivereAlberto De Matteis (03/02/2017) Modifica questo commento

«Quando si lascia le proprie radici, impossibile non costringerla al cuore e desiderare di rientrare per baciare la terra.»
Marinella Fois (03/02/2017) Modifica questo commento

«È sempre doloroso lasciare il proprio paese, il ricordo, la nostalgia albergano nei cuori di chi ha vissuto una tale esperienza. Versi profondi ed eleganti, elogio»
Franca Mugittu (04/02/2017) Modifica questo commento

«Quanti di noi, giovani ed aitanti, sono partiti alla volta di un benessere. L'unica compagna è stata una valigia di cartone, all'interno della quale furono sistemati i ricordi. E' passato molto tempo quell'emigrante non potrà più vedere il suo paese natio. Quanta tristezza è rimasta nell'animo.»
Donato Leo (04/02/2017) Modifica questo commento

«Struggente lirica dai versi intrisi di nostalgia. Sembra un destino segnato per tanta gente siciliana, il triste staccarsi dalle proprie origini, dalla propria terra natia che ha visto crescere le nostre radici, con le sue chiese, le sue feste, i suoi santi, gli affetti, gli amici che mai si dimenticheranno. Un bel componimento che è un elogio per Favara, ancor più lieta di aver dato i natali all'autore.»
Angela Schembri (04/02/2017) Modifica questo commento

«L'amore per la terra natia è come un albero con le sue radici... Un languore ha il cuore nell'allontanarsi e nel ritornarvi. Non si chiuderà mai alle spalle quella porta che ha visto i natali.
La lontananza non solleva il petto, restano la malinconia e il ricordo sempre presente.
Luoghi cari d'infanzia che hanno il sole dappertutto. Complimenti per i versi sentiti molto.»
Mariasilvia (02/03/2017) Modifica questo commento

«Lasciare il Paese per guadagnarsi da vivere e non sapere se un giorno si potrà tornare! Andare via lontano in un mondo che quasi non si conosce. Sono esperienze indelebili così ben descritte sentite e partecipate in questa veritiera e profonda lirica da conservare. Elogio!»
Club ScrivereGiovanni Ghione (30/09/2017) Modifica questo commento

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