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♦ Adriana Bellanca | |
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Chiagn n'angiulill annanz 'e pier 'e chesta croce,
nun putev immagginà ca tanta cattiverij
ce stev ancor ccà. "No,
nun m'stong mprssiunann,
chest nun zo nfamità
ma ver e propij oscenità.
Chistu Crist ancor n'croce
si putess turnass a murì p'ogni pccat.
Si putess, prdunass facenns caric 'e tutt 'o mal
e ancor na vot se facess ncrucià.
Troppi figlj sacrificat p'na uerr ca nun è ra''llor.
Troppi mamm accis pur senza murì.
Troppi pat suicidat pcché 'o Stat l'abbandunat.
Ij vuless turnà n'ciel. Sang e semb sang
n'copp a sta terr c'apparten a tutt
ma nun è cchiù e nisciun".
(Dialetto caivanese) Piange un angioletto
Piange un angioletto davanti ai piedi di questa croce / non poteva immaginare che tanta cattiveria c’era ancora qua. / “No, non mi sto impressionando, / queste non sono infamità / ma vere e proprie oscenità. / Questo Cristo ancora in croce / se potesse ritornerebbe a morire per ogni peccato. / Se potesse, perdonerebbe / facendosi carico di tutto il male / e ancora una volta si farebbe mettere in croce. / Troppi figli sacrificati / per una guerra che non è la loro. / Troppe mamme uccise senza morire. / Troppi padri suicidati perché lo Stato li ha abbandonati. / Vorrei ritornare in cielo. / Sangue e sempre sangue su questa terra / che appartiene a tutti / ma non è più di nessuno. | |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
«Vorrei precisare che la poesia non è scritta in dialetto napoletano ma in dialetto caivanese, che si differenzia per pronuncia e scrittura.» |
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