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Al loco solito
dell'incontro giunsi,
pensosa la vidi,
e in cor turbata,
ma illuder mi volli che tal stato
per me riservato non era.
Fissi che furon i miei
lumi nei suoi,
mi persi in suo pacato
e schivo guardo,
parlar, schiuder le labbia, non potei,
che lei, tolti i lumi dai miei,
e fisso il voto a dir inizio':
"Devoti parlar".
All'odir tal favella,
temendo che per dir mi stesse,
cio' ch'io mai avea pensar voluto,
scossa da terra fin sul capo traversommi,
mettendo tutto in moto lo mio corpo;
la linfa vital che nelle vene scorre,
fredda, com'un ghiaccio divenne,
e a subir il suo dir mi misi.
Non fissando miei lumi mai,
con parlar basso e pacato a
dir m' inizio':
"Con te star, più non posso,
ragion di ciò dirti non so'"
Tal poche parole dettemi,
fur per me più possenti che
di un masso sulle spalle;
o come d'ascia il colpo
che i fiori toglie.
Come i recisi fior,
a riversar verde linfa cominciano,
per il dolor provato,
cosi' i miei occhi voglia avean tanta
di bagnar le gote mie,
ma per alto tener il valore
di mia arma ormai consunta,
in me tal istinto tratteni.
Che dir non seppi,
il voto, del mio cor divento' sovrano,
la ragion di tal parole
due o tre volte le chiesi,
ma replicar ella non volle.
Avvolti nella crescente quiete restammo,
ne io ne lei a dir riuscir potemmo,
e quando mio cor per cader fece,
dipartimmi da lei,
e su e giu' per solinga via,
ad andar presi.
Da lungi, la miravo,
e gran dolor in me s'accendea,
li occhi d'altra parte allor mossi,
e due giovin vidi stretti
in amoroso abbraccio,
lei ed io ricordar mi fecero.
Sconsolato, ad andar ripresi,
fingendo quieto il mio spirto,
e a pensar rimasi su miei atti e
mie colpe,
e col cor a parlar provai,
ma non degnommi esso,
di risposta alcuna,
per forte duol provato,
e ch'io a lui provocato avea,
vera, credendomi
finta illusion d'amore. | |
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Pagine: 50 - Anno: 2009
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