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| Oh bell'Italia abbandonata
e ogni incuria prende strada,
tu che sei magia di scultura
fra dolci colli modellati
da quella mano generosa mostri
tal beltade nei tuoi lineamenti,
nel trastullo di sol baciata
sei unica in natura ma violata.
Quel progresso che ha posto il sigillo
non s'è fermato a salvaguardare il bello
in quello sfruttamento totale,
accanimento senza cognizione e sale
tutto impiastrato dal colle all'arenile,
nel cementificare senza ragione
in quella perversione del mercificare.
Oh mia patria e dolce stivale
troppi veleni ti strizzano il cuore,
sempre più stretta dal morso assassino
e ogni loco spolpato e abbandonato,
pur chi regge il timone ha depauperato
quel rapporto di fiducia e d'amore
e per gli affari non ha mezze misure.
Tu giaci lì oh bella Italia
fra terre di veleni assassini,
montagne dall'uomo minate
scheletriche colline abbandonate
e litorali impiastrati di veleno,
la città sempre più degradata
ogni angolo mostra tutta l'incuria
e di bello sempre più penuria.
Piange l'anima e si ribella
qui di pulito non c'è più
nemmeno una stella,
poi arrivano i fulmini di sventura
dalla campagna abbandonata
quell'acqua alla gola inonda,
dal monte a valle sbatte e rompe
ci dà la disdetta e ci mette in prigione ... |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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«Una riflessione prima della Festa della Repubblica, per il nostro stivale ... così bello ... e ancora trattato male.» |
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