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Era tarda sera di fine estate,
nessuno sa dire l’ora precisa
arrivò nel grande piazzale
s’accucciò tra l’erba dell’aiuola
Non si sa come si chiamava
non si sa da dove veniva
unica evidenza il sangue della ferita
aperta dallo sparo d’ignota carabina
Le lunghe orecchie tese ad ascoltare
lo sciacquio dell’acque contro il molo
socchiusi gli occhi ad ammirare
il tramonto del sole sull’acque del lago
Ma ecco lentamente curiosi avvicinarsi
pescatori, boscaioli,
gente del porto, musicanti,
comari, negozianti, semplici naviganti
Madame Butterfly, Turandot e la Tosca,
Kalaf, Pinkerton, Mario Cavaradossi,
tutte le genti di Torre del Lago
a portar soccorso al cane senza nome
Cane sparato, cane ferito,
senza una precisa motivazione,
nefando colpevole o semplice vittima
d’umana crudeltà, di gratuita violenza
A quella gente che s’avvicinava
regalò un guaito di dolore
tutta quella gente se la conquistò
e qualcuno il veterinario allertò
Non fu facile ci volle il suo tempo,
ma alla fine ricomposta la ferita,
a dire il vero senza troppa fantasia
ci fu chi Pippo quel cane chiamò
Così Pippo fu adottato
da tutta la gente di Torre del Lago,
nei pressi di casa Puccini
per vent’anni libero s’aggirò
Non fece nulla, nulla di speciale,
niente che valga la pena ricordare,
si limitò ad amare gli umani
a tutti regalare uno scodinzolare
Per questo amore che ha saputo dare
gli umani l’han voluto ringraziare
oggi di Pippo resta la statua
che guarda il tramonto a Torre del lago. |
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«E lo chiamarono Pippo...» |
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