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Tempo non vuole che questa gorgiera plachi la violenza
ch'esercita sulla mia ossuta esistenza, a sussurrar alle bestie
che sul seno di cupola vi sarà eterno simposio.
Sicché Tempo infausto vuole
che essa s'avviluppi attorno al collo mio scarno,
a disegnare crepuscoli ed ammansir le vene
ché il pulsar mio s'affievolisca e non mi dia pene.
Non lasciar che'l cruccio solchi l'ameno drappo
della tua setosa e carezzevole fronte
ché io li tengo a bada, i miei singhiozzi
tra nebbie di logora antracite e intrecci di carne tumefatta
e seppur talvolta mi chini ad afferrar l'anima mia
tra l'ali dei calzari di tenebra
non v'è malizia o menzogna alcuna nei miei antri impolverati
quando ti folgoro e ti dico che non bramo
ma indifferente osservo, così, per sgranchir le iridi.
E gli spilli tuoi, che d'ogni turpitudine ne fan capo
che m'azzannano e poi s'affannano
nel ricucirmi toppa per toppa, buco per buco
dì loro che mi spezzo le vertebre nel rimembrare
quando tu, diabolico Tempo,
m'offri in calici di redenzione i pianti
del Lete, distratto, che perde il mio furore
e come da botte ne spilli l'ambrosia avernale
e col suo tanfo mi trafori il tessuto
ma allenti d'un sospiro il mio cappio. | |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
«E tutti noi siamo nelle mani del Tempo, che ci tiene al guinzaglio con funi di rimorso, e non ci dona quiete autentica né c'impedisce di fare gli stessi errori. L'unico modo in cui allenta il cappio è farci dimenticare del tempo che fu, o stringere la sua stretta fino a che non la sentiamo più.» |
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