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Dai convinti misteri del soffrire
fui pervaso.
Ad un mondo di subdola luce
legai la mia vita;
non che dalla mia finestra
unica gioia vedevo,
meravigliosa immagine mentale.
E le urla del mio genere
si levano alte, nel cielo di quest'inferno,
sublimi promesse di vendetta per nessuno.
Siamo reali, veri, ma incubi orribili
crudeli e bestiali.
Un canto, alle spalle del sole
lava le ombre dalle fiamme degli uomini che urlano,
ma attraverso l'essere, cerchi la luce
e dimentichi tutto il superfluo,
ma l'udito cattura i cenni di morte della realtà.
Cristalli di sofferenza infrangono gli arcobaleni
senza sole e senza pioggia,
migliaia di colori, figli bastardi del creato.
Vincolati dalle piume e dal vento,
dalla lontananza del potere e dall'inesistenza
del volere, perdiamo la convinzione dell'esistere.
Subito, malsani desideri corrompono
le idee del civile, purché il mondo
chiuda gli occhi e non ti veda
per i dannati istanti dove
la tua natura cosparge di odio
e distrugge i figli e i fratelli tuoi.
E ora additiamo l'infinito,
l'ignaro, con false accuse d'origine
del nostro inferno.
Convinti e spensierati vaghiamo
per tanto al sole ogni dì
per dimenticare le ombre
alle nostre spalle.
E qui, nel nostro inferno santi e peccatori,
diavoli e dei perdono le sorti e le storie,
masturbazioni del male.
Siamo noi i veri dei e i veri demoni del nostro inferno,
infine uomini, peccatori, forse a cui
è rimasto un vago motivo per vivere,
peccare e distruggere. | |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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