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Ero di media scuola e bello
e mi regalò un fil di capello
per costruir igrometro,
e nulla ebbi d’altro
avara lei e timido io.
E arrivam lesti al secondo liceo
e pur di classe era lei scientifica
di un anno prima vidi una bella tipa
che sol voleva iscrivermi nel suo diario
a me che son di semplice abbecedario,
la lasciai senza companatico e senza viario
che neanche un bacio mise nel suo breviario.
C’era ancor verso il terzo di liceo
quell’altra riccona tutta firme e smalti
che a veder rossettate labbra già fuggii
e anch’ella leggiadra e bella
voleva sol far invidia all’amiche sue
d’aver acchiappato il bell’imbusto
bello, alto, aitante e pure fusto.
Pria dell’ultimo liceal anno fui fregato,
Giunone mi beccò e fè Giove becco
che non di scuola fu la gradita conoscenza
ma vicina di sdraio era licenziosa bellezza
che senza indugio m’informò sul suo desio
e della mia opera su lei e della sua su me.
La prima notte fu come amor di mamma
la seconda fu esperta passion di donna
la terza fui io uomo a conoscer donna.
Ma il fine settimana riportò seco il marito
basso, grasso e ricco a fugar passione novella.
E fu nell'estate di Lipari
che giovincella mia pari
pria mi diè un bacio sui mari
e poi andò con tal villico
che a tornar al patrio letto
trovò sol le mie spalle.
E ci fu alta scuola d’informatica
di laute forme e franca lingua
sol un complimento francese feci
e mi ghermì di labbra umide che fuggii
e quasi sposa voleva abbandonar l’isposo
e fuggir via per quel franco complimento.
Mai più proferir galliche parole, giurai
se in vista state vi fosser gentil femmine
di prosperose e tantacolar fattezze.
E sempre all’alta scuola e ruffiana matematica
furon due piccolette e belle a sbagliar conto
ed uno piu’ uno non fè due e divenne tre
ma io ebbi 110 con lode e bravo a far di conto
corressi lesto e tosto l’error matematico
e per la tangente andai con altra gitana.
Venne poi la sofisticata, alta e bella
che al primo appuntamento avrei potuto,
ma disse che altro amava ed era un bullo
ed io ero di quella notte un trastullo.
Cosa? Un trastullo? E che son citrullo?
Di sicuro non ero su altra sponda
che con donne era bello far baraonda
ed a bocca asciutta la riportai al suo grullo
e senza subir fallo ebbe il suo desio nullo.
Ed ecco apparir all’orizzonte legal femina
azzeccagarbugli che per il bavero mi afferrò,
difesa, accusa e arringa fè con passione
che scriver sembrò legal citazione
ed io la lasciai affidando la mia illusione
alla clemenza della corte, Vostro onore!
Ed or siamo al bello dell’istoria
e venne chi in prime nozze sposai
ma fu per parola data e non per altro.
Venne altra in seconde nozze
che ancor bene non cognosco.
E nell’intanto galeotto fu un computer
che mi diede convegno gentil dentista
che pensavo incontro d’amica
ma avrebbe preferito farmi un calco
e legarmi con filo interdentale.
Farmi legare come un involtino?
Giammai! Ed ero già al confino!
Sempre colpa di poetico computer
una poetessa e di matematica scuola
conobbi in laziali terre dal nord veniente,
ma anche ella confuse matematiche somme
del 2 e del 3 che già maritata e con prole
voleva fare del 3 un due con grave error.
Mai fui separator di coppie pari e figlioli,
a studiar tornai lesto la fuggitiva tangente.
C’è ancor qualcuna da ricordare?
forse si e forse no, ma sicuro no
che sol brezza son nei ricordi
e nessun può dir d’essere amata
che altro hanno sempre scambiato
per amor che non conosce prezzo
né chiede merce di scambio.
Rimane sol quell’ultima anima
che da immemore tempo ricerco
e che sol ora m’appare in pure vesti
e riempie le mie insonnie di sogni
e senza chieder altro che parole buone
e dando in cambio luce di sua anima
io non ho tesori per ripagarla
se non una pura amicizia di affetti
e casti baci in caldi abbracci.
Sol tal anima non è della schiera
che da folle cantore di versi
ho perso parole e intelletto
per descrivere altro ed alto loco
ov’ei sistemerei
Amare significa dare e ricevere
ove altro è prendere soltanto.
A tutte voi che siete passate
il mio divertito saluto
e irreverente verseggiare
che dopo tal scappellamento
con profondo inchino ringrazio
se a rialzar il capo libero vedrò
oltre l’orizzonte della vita
per rimetter cencioso cappello
il cui inchino era sol per frescura
e cambiar per altra direzione.
E non sbeffeggiatemi, perfidi
e divertiti lettori di tali versi
senza vanto e sine storia
d’esser spesso ito io in bianco
che di valente pennino son uso
a intinger in calami di nero inchiostro
e daltonico che son prediligo spesso
il bianco condir col nero. |
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«Non si sentano derise le più belle creature dell'universo, questi versi sono soltanto una divertita ironia su cose dove tutto è stato solo un gioco con le sue regole che io ho sempre rispettato ed ho giocato solo con chi voleva giocare. E scusate anche la lunghezza, ma la mia vita conta già tanti anni, ma ancora pochi per non giocare e ironizzare» |
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