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Era di maggio
e ti ho portato una rosa
sentivo il respiro e ti vedevo dormire,
io che rubavo di giorno
i tuoi parchi sorrisi
per fare più lieti i miei sogni infantili
ansiosa di te e di un tuo bacio.
Come roccia inviolata dal tempo
tenevi salde le mura
e ora ti guardo impotente e sconfitta
tra bianche lenzuola e una flebo,
il respiro affannoso
la mente tra i fumi dell'anestesia.
D'un tratto tremante sospiri 'ho freddo'
e con le mani ti copro le guance.
E dormi. E non ti svegli.
Allora ripenso a noi due
ali distorte dello stesso gabbiano
e tu non sapevi
e io non sapevo
quanto io fossi te
rinata nei sogni che vedesti fuggire
mentre la vita si faceva beffe di me.
Carezze negate, bramate
come arida terra agogna la pioggia
ma io non capivo che tu mi fuggivi
perché dentro i miei occhi
c'era il riflesso di te.
Adesso la pace mi lacera l'anima
e tormenta i miei sogni
quel grido d'amore mancato,
lasciato nell'ala di un gabbiano ferito.
Portasti con te un desiderio
rimasto incompiuto,
sognavi di Roma
magari in un giorno di maggio,
ma nessuno
ti ha offerto il biglietto del viaggio
ed io qui
mentre sento la tua nave partire
ed il cuore che finalmente riposa,
mamma, ti ho portato una rosa. | |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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