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C’era un poeta che scriveva d’amore, senza conoscere l’amore,
e parlava di vita senza conoscere la vita.
Era alquanto particolare, umile ed ignorante,
perché di letteratura non capiva niente.
Viveva nel parcheggio di una scuola con un piccolo cane,
a fargli compagnia, ed una vecchio clarino impolverato
che suonava alle persone più esigenti.
Le note erano come parole e tutti si fermavano a meditare
su quella melodia così speciale.
Ma un giorno il direttore,
stanco di quella musica celestiale
e della gente ferma a cerchio con la voglia di volare,
da quel grande posto lo volle cacciare.
Finì in una lurida via, ai margini della società,
un osso per il cane ed un clarino per non farsi dimenticare.
Ancora scriveva e suonava, il povero poeta,
ma non per le mamme e i bambini o i dotti e sapienti professori.
Scriveva alla gente che muore, che si buca per poter sognare,
ma la musica usciva stonata, e le note facevano male;
scriveva di donne per bene, costrette a battere le strade,
e di uomini per male tutelati dalla legge del taglione.
Di guerre e di morte, di arroganza e crudeltà,
di miseria e distruzione;
ma poi un inverno, si sa può far male, la musica si fermò,
e le parole finirono in un cassone...
fortunatamente c’è ancora chi si ferma a guardare
nel buio di quella lurida via macchiata di morte e di poesia.
E oggi, a scuola,
la maestra ci ha potuto raccontare:
-La storia del barbone che sapeva volare. | |
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Bob |
04/04/2014 11:09 | 649 |
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