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Avevamo raggiunto il traguardo
- io e l'Alba
disperso la dolce coltre di apatia moderna
e cavalcato per le steppe infinite quaggiù!
Delicati archi lungo la città
prendevano il sopravvento sulla cattedrale
- smentivano l'agorà del "paradiso"
tingendo le pareti di nubi madide.
Sibilava il malcontento di vecchi chierici,
quando l'odore della caccia
tese selvaggio i nostri muscoli
- e l'erba sembrava avvolgerci
in un terzo abbraccio;
quell'essenza acre ricoprì le vesti - mentre
silvestri pittori ritraevano
fiocchi e nastri di rugiada fra le valli
(avevano tutti i colori dell'aurora)
e altre mani si levarono dalla terra,
ognuna stringendo piano un fiore
- intermittenti sfumature del buio
rischiaravano ormai le pinete spettrali,
il respiro delle margherite
in sincronia con la lepre -scintille
e meraviglia quella ragnatela di giada!
Pungeva giovane il vento,
nel suo battito scuoteva la terra
- della città le fondamenta
smosse per incitare il campanile finchè
siamo arrivati dove la natura più sveglia
ha cresciuto il gallo:
col suo monito ha zittito la bestemmia umana,
- l'orgoglio della civiltà è spezzato
noi, ci siamo mossi tra i forni laboriosi,
sbirciato il sudore della fatica
e pigramente saziandoci
negli aromi caldi del Vizio.
Le more hanno cambiato colore,
giunge la luce (noi c'eravamo)
fino alle guglie sanguinanti
- prima che Tu dovessi morire
e anche allora,
ci tenevamo per mano. |
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