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Ti ricordi?
Delle parole che ci hanno lasciato
le stazioni centrali.
I biglietti obbliterati come tatuaggi
sui nostri polsi.
Sventolate, in alto,
le bandiere della rivoluzione,
i nostri abbracci planetari.
I nostri acquari con i pesci morti.
Le luci delle centrali nucleari.
Le energie rinnovabili
dei nostri sguardi.
I binari per le nostre regioni
più lontane.
Ti ricordi
delle piogge scarse?
Delle rondini che non tornano,
di questa primavera solitaria?
Ti ricordi dei chilometri
fatti a piedi
dai nostri respiri?
Che non avremo neanche più fiato
per rincorrerci.
Che poi saremo come quelle specie
di oasi nei deserti.
Un motivo di speranza un po' per tutti.
Saremo come quei gabbiani che cercano
di tuffarsi nelle acque più profonde.
Sullo sfondo,
i grattacieli e delle barche ormeggiate.
Le panchine sulle quali scrivevo poesie,
un mio disperato motivo per non tornare.
Ci abitueremo ai cieli grigi londinesi,
ai nostri motivi per sorriderci,
saremo come gli aerei che oltrepassano
le frontiere e atterrano tra le tue braccia.
Londra chiama,
faremo pace con le mie guerre più lontane,
e Londra chiama
quando l'unico vincolo della notte
è che non potrà mai vederti così bella,
così bella.
Le sigarette hanno perso il loro sapore,
le lenzuola, stravolte, hanno ancora
il profumo di un qualcosa
che prima o poi tornerà.
Andremo a cercare quei tramonti vulnerabili,
indosseremo delle maschere per baciarci
senza riconoscerci, senza riconoscermi.
Poi ci rischiareremo come i cieli, fuori.
L'unico motivo per abbracciarti
non dovrebbe essere solo
la paura dei temporali,
delle cose naufragate,
dimenticate da qualche
parte.
Londra chiama,
ti ricordi le chitarre di chi,
in metropolitana,
suonava per salvarsi?
Londra era bella,
tu eri bella,
in mezzo ad un'alba che sorge,
così strana. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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