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A grampassi, per la via,
cade la pioggia, celermente,
ghiaccio e polveri i nembi violenti
contro le genti scaglian possenti.
A grampassi muovo, celermente,
capei grondanti, smorfia cruda
a presidiarmi il viso,
e passan gl'altri, ridenti.
Cos'è quel tetro riso?
La carne trafigge nuda.
Maligne gioie e ceneri
ristagnan nelle pozze, per la via,
e va un sinistro fato, celermente,
rasoterra, sassi innalza e polveri,
disegna sopra i ghigni delle genti
demoniaci tratti, oscuri segni di follìa.
Circumdato da omicidi,
infamanti infernali inganni
sotto forma di pagliacci pazzi.
E cammino, per la via.
Duelli armati vedo, al passo, strani:
virili figur feroci e combattive:
guardo e passo.
Ancora vado, desolato, per la via.
Inciampo in corpi morti,
uccisi tutti da un infarto, celermente,
sì che i sguardi loro ancora aperti
altri cieli scorgon senza soli,
sì che né lor busti scorre ancora
sangue vivo, e li fa muover,
sì che i pensier lor pensano ancora,
la vita non si lasciano strappare.
Mai più andràn chesti, per la via.
Vidi molte cose, troppe, forse;
vidi torreggiare un'alta torre
e quella strada n'era ombrata;
e concentriche salite attorn'ad essa,
da gran moli di demòn percorsa;
un Inferno rigirato.
Dal vertice la Morte incappucciata
mi puntò la scabra falce, e caddi,
come corpo morto cade. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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