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«Auto, centri commerciali, facce vuote, emozioni sepolte dietro un nome, brividi ormai digitalizzati... ce l'hanno fatta, hanno interrotto le trasmissioni. Hanno vinto. Si sono presi la più giovane delle generazioni, l'hanno cresciuta, e ci hanno tagliato le gambe... a voi le mie considerazioni sul mondo che non m'appartiene più. Se non con le parole.» |
Inserita il 25/12/2013 |
L'artificio è ovunque, nella luce, nella geometria,
persino in cielo i colori sono infamati da un rosa finzione.
Le pecore corrono, abilmente inscatolate, automi di un programma,
veloci e inconsapevoli si preparano per lo stampino del domani.
Riflessi tecnologici, umidità contaminata, ogni suono sa di costrutto,
e a nulla valgono i reclusi tentativi di una natura ormai condannata, in catene.
La fragilità del vivere si percepisce nell'aria, labile è il confine, cupo il silenzio,
e solo strappandosi le orecchie è possibile sentire se stessi, con il dolore.
L'eco la fa da padrona, sensazioni ovattate di una tranquillità in agguato,
pronta a sbranare la prima vittima inconsapevole che le capiterà a tiro.
Un percorso senza meta, costante e inesorabile, l'inizio come la fine, la fine come il durante,
e non c'è pace, e non c'è strazio, uccise dalla rassegnazione dell'immutabilità.
L'unica gioia che cavalca la speranza è che tutto si spenga,
e sarcastiche sono le risa di un destino che non promette niente di meglio. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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