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Un giorno il mio destino mi condusse
in questo luogo freddo senza pace
dal sapore ostile, dai colori spenti.
Mi ritrovai così circondato
da occhi e mani senza calore.
Il mio nome divenne un numero
la mia anima una malattia
e sentii intorno a me
che il tempo finiva.
Figure bianche ridevano tra loro
nei corridoi, fuori dalle stanze,
e s'incupivano entrandovi;
s'avvicinavano a me senza parole
senza l'ombra di un sorriso
che io cercavo di indovinare
in ogni loro gesto.
Per me erano "uomini in bianco"
senza nessun colore.
Io li ho visti fuggire dal dolore
inconsapevoli di fuggire dai loro limiti
per rinchiudere il loro cuore
sotto quell'abito di ghiaccio.
Li ho visti ridere mentre io piangevo.
Li ho visti pugnalarsi alle spalle
parlare di cose per me lontane ed inutili.
Li ho visti sbraitare per i nostri lamenti
rifiutarsi di pulirci per paura
di sporcarsi le mani.
Li ho visti allontanarsi con meschinità
dalle nostre miserie, dalle nostre angosce.
Ho visto solitudini immense e speranze
spegnersi dietro i vetri piangenti
sguardi spaziare oltre l'orizzonte
dietro la luce di pallidi tramonti
come a cercare qualcosa d'indefinito
forse un senso, una verità.
Li ho visti correre quando le grida
spezzavano il pianto silenzioso
d'una sofferenza ormai giunta alla fine
quando non c'era da far altro
che il segno della croce: li ho visti
portarseli via come sacchi
quelle sofferenze spente solo dalla morte
come vuoti a rendere:
s'alza dell'Uomo il grido della pietà...
...E loro sono là, uomini in bianco
con le loro armi affilate,
parlottano tra loro e ad un perchè
s'arrabbiano, ci spezzano speranze
alimentando i nostri dubbi
moltiplicando le nostre paure...
Per te, uomo in bianco,
ho scritto il mio dolore
perché vorrei che i tuoi occhi
s'illuminassero di speranza
per illuminare i nostri cuori di fiducia,
perché le tue braccia si tendano
come per abbracciare
fratelli.
Ho bisogno di un po' del tuo amore
che il tuo cuore si sciolga
in un fremito d'umanità,
ho bisogno delle tue parole
e ogni tanto
di un sorriso di amicizia.
Ho bisogno di aiuto perché mi sento solo
e sono lontano dalla mia vita
che non sento più mia.
E se devo in questo letto lasciare
il mio ultimo respiro, ti prego
stringi la mia mano
ed aiutami a morire
in pace con me stesso
e con Dio.
Per me e per la tua pace
di uomo. | |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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«Ottobre '88, la mia vita prendeva una svolta. L'impatto con la mia professione fu traumatico, troppe cose tristi accadevano. Un momento difficile. Ho creato, nel tempo, un "punto di ripristino" ed ho così costruito la mia realtà lavorativa che oggi esprimo con grande senso di responsabilità, sensibilità, ascolto, empatia. Questo scritto non vuole essere un atto d'accusa ma una riflessione sul dolore. C'è tanta professionalità e umanità in campo sanitario. Svilita dal comportamento di pochi.» |
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