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Fini a lu' tiempo
re' mienzu seculo fa,
'ngè stiano a lu Celiento,
fimmene ca' jano a fatiare
pi' appriparà li fiche
rnt'à nu' cistini
re strisce re lignammo
'nturciniate ra auti fimmene
ca' veniano ra li montagne.
Li ficarole purtaano
la unnedda longa e lu cursetto.
L'unico 'mbelletto ca' 'nge stia
a lu tiempo re la fina re la guerra.
La vocca rossa comm'à 'na cerasa,
li gguancie rose cumm'à ddoje percoche,
li cosse ritte e fuse cumm'à 'nù pino,
li menne toste ca spertusavano la cammisa,
l'uocchie ca' rireano sulo a vuardari
e lu sorriso gginuino re 'na vota.
Primma re trase pe' jre a 'ngullettari,
na' chiorma re giuvinotte
se fermavano 'ncantati.
E mo' se rice ca li ficarole re 'na vota,
nunn ghiano solamente a 'ngullettari,
ma pure 'nu marito a se trovari. | |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
«Fino ad alcuni decenni fa, il famoso fico bianco del Cilento era esportato in tutto il mondo. Le ficarole erano donne, per la maggior parte giovinette, che per aiutare la famiglia a fare il corredo per quando si dovevano sposare andavano a "'ngullettari", cioè a confezionare i fichi secchi in cesti e cestini di varie dimensioni. Era un modo come un altro per incontrare l'anima gemella. Giovani scapoli che facevano loro la corte e ragazze che andavano a lavorare anche per trovare il fidanzato. Il fico bianco del Cilento rappresenta uno dei prodotti più importanti della "Dieta Mediterranea" nata proprio nel Cilento.» |
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