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No, non si è, noi non siamo, in un perenne
Moto si spera, per questo noi andiamo
Per questo si desidera: sì, questo
È l'uovo di Colombo. Posseduto
Dalla terrena sfera, mi rifletto
In uno specchio informe, ed ode un rombo
Quaggiù in fondo allo stomaco il mio orecchio:
S'azzera al suo cospetto il vocio fitto
Di certose superne e cerebrali,
Ed è un rumore antico in fondo al petto
Mio, quaggiù, nella Geenna di silenzi
Scuri e catacombali, che s'accende
Dentro un respiro immondo ove spirali
D'idrocarburi tossici a vermiglio
Anellide si torcono, faville
Nel cinereo olezzante sottofondo.
È largo un miglio, come palpitante
Funereo scranno, e al rullo d'adiposi
Tamburi s'apre e s'ingrandisce sempre
Tra rossori d'affanno, l'appetito
Del ventre mio bulimico; e golosi
Sentieri imbocca verso insufficienti
Grossezze (insufficiente è l'interiore
Essenza – e quella esterna, insufficiente)
Di occidue amenità, e l'ora già scocca:
L'ora di definire la demente
Cisterna dell'Identità che maglie
Rotte e logore chiuse, da bassezze
Viscerali, diramano nei rivi
Delle perplessità confuse, a frotte;
L'ora di andar giù con fatali passi
Di danza, tra i baglior di bianco vivi
E di sangue dei mandorli fioriti,
Discendendo dai clivi senza scopo
Verso un lavacro stanco, in cui un Me Stesso
Pingue d'issopo aspergere nell'acqua
Albula. Oh in moltitudini potesse
L'esser mio convogliarsi ubiquamente! | |
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Pan23 |
22/11/2010 13:19| 1547 |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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«Tratta da "La Morte siede alla mia tavola".» |
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