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Al chiuso degli occhi
la mia donna prende
la piega di uno starnuto
e se non sta ritta
s'ingrazia le bizze
e gli stormi violenti.
I suoi occhi trasudano
lune,
la piena luna d'un
ventre sazio
e la mezza, nel costato
ferito di Dio.
Non mi parrebbe di dir,
Fecondo,
che mi muore appena
in bocca
e se sorteggio le due
comari che gli stanno
in petto,
presto mi smusa
come in uno scontro
frontale fra autovetture.
Nell'aggettivo dei
risvolti,
Lei è un ricamo di
carne
che porto semplicemente
a me
come la chiatta il
naufrago e il suo bottino.
Le morte parole sanno
di vin cotto,
(ma come non ricordi)
solo ieri,
appena fuori dal Santa Chiara,
nel tempo che Pisa
ha digerito stante
i capetti e
la fiumana di scolaretti,
Mentre fai da scorta
ai fiori intorno,
tu, più bianco e più scarlatto
d'un muscolo del Sole,
vestagliata in un
assonanza biricchina
di pupi e more.
Come non ricordi...
e ho cancellato dopo anni
come fossero costosi
i tuoi silenzi,
e l'avverbio del tempo
che,
dato nelle tue mani,
non scorreva mai.
Sciocca e odorosa di
spuma,
stretta quanto basta
per rievocarti
nella febbre di quel
giorno d'estate,
costretta nell'imbarazzo
di una bruna perdita
al di sotto dell'anche,
ché t'ho stretto ai fianchi
dicendoti 'non preoccuparti...'
Non ricordi
sollecita,
a scusare la caviglia
macchiata
come si farebbe con
l'occhi cispiosi
di un neonato,
Che per quella moneta da
due lire,
per giorni portata in grembo,
chiunque ci avrebbe
scambiati per ricchi,
L'hai scordato! |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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