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E' sera.
Diademi di stelle nel terso diaccio
scrosciar di foglie
falde di neve e ghiaccio.
Da valle risale
il tinnulo vagar di cani e armenti,
sonnolenti i pastori negli accampamenti,
lontani balenano i fuochi nei castri silenti.
Sera di silenzi,
l'elce bruciava nel vasto focolare,
un vecchio gatto pareva l'uomo antico nel rimembrare
e aveva un velo su gli occhi intenti a seguir ferite,
rapprese oramai, non guarite.
Candido il mento, lasso sulle nocche
salde sul vincastro. "Figlioli. Correvamo tra rocche
co i fratelli miei, anelavamo d'Adamello le supreme vette,
crepitarono dai lor nidi l'aquile crucche,
di noi fu scempio e macello
poi il tempo immoto e solo quello;
coprì il nevischio l'ulular dei feriti, e il rigor dei morti di spesso vello".
D'onore il vecchio empì il petto
e in un lampo fu eretto
ché soldato era rimasto,
ma il passo; qual greve fatica.
Sola era la gamba e pure antica.
Neve a falde
su melmosi camminamenti e trincee lorde,
mitraglie e bombarde.
Sia manto d'oblio
e ode
ai morti:
povericristi,
eroi ebbri,
bifolchi.
Sangue d'imberbi dispersi,
vaghi papaveri sbocciati vani
nel candore del nulla persi.
E' notte... |
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«Ricordo quando il nonno raccontava a noi nipoti le sue imprese guerresche. Aveva imbracciato le armi a 18 anni percorrendo per ben 7 anni i campi di battaglia di Crimea, Libia per andare definitivamente a marcire in una trincea, allo scoppio della prima guerra mondiale. Rientrò a casa con una medaglia d'argento al valore e varie croci di guerra e una gamba in meno. Qualche giorno fa ho scoperto che mio nipote, 19 anni, aveva trasformato la medaglia al valore del bisnonno in un portachiavi per la sua macchinina nuova. Si dice che i sacrifici danno frutti a futura memoria; non ne son certo.» |
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