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Era tarda notte. Vagavo errando,
piangendo la mia dura e acuta sorte.
Col core stavo infatti spasimando
qual s'avessi avuto dianzi la morte.
Del gufo udivo i lamenti sì cupi
che si spandevan pella fredda auretta.
Sentivo i canti tremendi de'lupi,
acuti e pungenti come una saetta.
Il sangue mi tremava nelle vene,
ove s'aggirava un brivido orrendo.
Ero senza coraggio e senza lene
in un loco che pareami tremendo.
Tu, oh Magdalena, non eri al mio fianco
qual lo fosti ben tant'altre volte.
Così a questo mio spirto tanto stanco
tutte le care spemi fur già tolte.
Mirai allora sur d'un colle una chiesa
che pareami remota e sconsacrata
ché qualche perduta alma al male resa
la fè con crudeltà sì detestata.
Sul campanile v'era una campana
ch'antica brillava terribilmente
al lume d'un'orrenda Luna insana,
e del cielo che le stelle avea spente.
Repente il vento la facea mòvere,
e la rendea ancora più terribile
sibbene essa non volle un son rendere
all'aura cieca, spettrale e orribile.
Bramai allora salire su quel colle
a domandar riparo e securtà a Iddio.
Così una pia speme risorger volle
all'interno del misero spirto mio.
Giunsi all'immenso e antico portale
decorato da lugubri rilievi
che lo rendevano orrido e infernale.
I miei timori non furono lievi!...
Ivi scolpito Sathana regnava
tra demòni, streghe, maghi e dannati.
Ivi scolpita la Morte vagava
tra aspre ossa, teschi e scheletri spezzati.
Tremante spinsi la porta in avanti.
Era aperta... Leggermente scricchiolò.
Divine statue miravo distanti;
e una Gioia tutto il core m'inondò.
Allora mi misi ai piè della Croce
a recitare una bella preghiera
ch'uscìa dalla mia interiore voce
di bei e sicuri favori foriera.
Dissi- " Oh mio Padre celeste e buono,
pella tua divina e grande Volontà,
qui, in questo loco, solitario sono
senza alcuna aita, senza alcuna bontà.
Ma questo non mi puote far felice.
Mirami! Mirami! Guardami!... Piango.
Questa solitudine non mi lice;
e d'aver sorte migliore ora languo.
Cosa puoi Tu fare dai Cieli per me?...
Cosa desio che Tu faccia per aita?...
Puoi premiare la mia portentosa fè,
con Magdalena, la Gioia di mia vita.
Oggi non l'ho ancora veduta meco.
No: non l'ho mai veduta, oh giusto Cielo.
Sì! Questa preghiera oramai ti reco.
Esaudiscila, Signore, con zelo-.
Poscia avere detto queste parole
mi sentii chiamar da voce femminina,
dolce qual il sono delle carole.
Ma la notte fu cotanto fulminea
a strapparmi questo sogno magico.
Allora ingiuriai in tono fantastico!...
Ora canterò l'ingiuria amena
che l'alma mi fè più quieta e serena.
Oh sogno traditore, immago infame,
a me portato dalla notte crudel
che tanto m'ha serbato aguzze lame,
ascolta le parole d'un tuo fedel.
Io ti credevo più che mai infinito,
e pensavo che infinite fossero
tutte quell'immago che tu, oh ardito,
desti a me, e che verso me ognor corsero.
Ah! Che infame e sì mendace pensiero!...
Tu, oh folle, non sei per nulla immortale.
Tu se'un Divo astuto e assai menzognero;
e la tua immortalità non più vale!...
Infatti, dinnanzi al mio mesto ciglio
giaci insepolto, consumato e morto.
Ti veggo pallido quale un bel giglio
della morte preso dal cupo torto.
E poiché il tuo grande onore mi cale,
permettimi senza nessun diniego
di farti un mestissimo funerale
mentre da te sì colpito mi piego.
Odi! Sòna la campana funebre
dal cupo sono cotanto agghiacciante.
Mira! Per te il loco si fia lugubre,
e la Tenebra eterna vien costante.
Guarda! Quella è la tua fossa profonda
che per sempre ti brama ospitare.
La mia alma sia oppressa, sia gioconda
ti saprà infatti presto sotterrare.
Requie eterna ti sia per sempre dono,
se questo vuol la Volontà divina
poscia averti concesso il pio perdono
d'ogni tua colpa immensa o picciolina.
Splenda teco una perpetua Luce
che possa renderti men crudo il sonno
ch'ora il Destino mortale ti cuce.
Più lievi le lande essere non ponno
sopra il tuo volto lugubre e pallente.
Possa tu, crudel sogno involato via,
riposare in pace in loco splendente.
Or mentre l'alma tua pe'i Cieli sen gìa,
il tuo mortal corpo viene sepolto.
Eppure senza la tua malvagità
gioire non poss'io, no, non poss'io molto.
Ah! Che indecisa, istrana e mesta realtà!
Il Congedo dall'Immago di Magdalena.
Per te ho sognato. Per te ho lagrimato.
Per te ho sorriso. Per te ho scritto carmi.
Sono e giubilante e addolorato
giacché io t'amo, ma tu non puoi, ahimè, amarmi.
Magdalena, v'è sorte più crudele?...
Io no'l posso saper. So questo strazio
che parmi più acerbo e orrido del fiele
sìccome d'Amor non sono sazio.
Oh Magdalena, Magdalena mia, t'amo
senza che tu possa ricangiar l'Amor
poiché troppo lontani ci troviamo,
divisi da un malvagio e eterno furor.
Addio, baci dolci, sereni e casti!...
Addio, caldi abbracci desiderati!...
Addio, ischerzi, balli, sorrisi e fasti!...
Addio, amorosi accenti assai bramati!...
Addio, morbide carezze sottili!...
Addio, allegre passeggiate notturne!...
Addio, visetti caldi e sì gentili!...
Addio, dolci e buone parole diurne!...
Addio, giovinili spirti stridenti
consumati tra il bianco delle lenzuola!...
Questi fur tutti sogni sì pallenti;
e ora ognuno di loro via s'invola.
Ahi! Qual malvagio e perfido destino!...
Eppure poscia avere salutato
con quest'addii melanconici e tristi
mille sogni ch'ebbi io, il tuo caro amato,
sento in core altri sentimenti misti,
che mi comandano di non piangere.
Perché una lagrima non m'è concessa?...
Perché il pianto non posso più spargere?...
Come il Calice della prima Messa,
donde Cristo bevve il vino celeste
la notte pria del dì in cui lo riempì,
si narra con leggende gaudie o meste
che il Ciel fonte immortale lo definì
a ciascun uomo che da Questi libò,
così è la possanza d'un giusto canto
che d'eternità il cantatore colmò
coll'essere cantato ch'ebbe accanto
durante il corso della propria vita.
Magdalena, t'ho resa immortale ancor,
giacché sempre ti canta, ognor ti cita
questo mio ardente, focoso e giusto cor.
Ecco perché non debbo lagrimar più:
nell'Olimpo sarai tu... sarai Lassù! |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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