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De sa fentana de sa sala
castiaia de pitticheddu
su furriu, a mericeddu,
de is carrus de sa binnenna,
in sa ruga è campusantu.
Unu, dusu, tresi... dexi,
ma qantu fianta?
E, castiaia spantau,
is piccioccheddus scrutzus
sartiai, in pizzu de is carrus
po' ndi liai unu pagu de axina,
e de cummenti si da pappanta,
arriendi e sciolloriendi.
Certu chi deppia essi prù drucci
de cudda chi fiada in coxina!
E, mi naraia,... e deu?
De su portali de dommu
con d'unu brinchidu
a palasa de unu carru
m'appattigu e strantaxendemmì
cummenti unu truncu èlinna
arrumbulu in sa ia.
Dei dommus de su costau
e de cuddas innantis
intendiasta scetti scraccallius
e su zappuai de su cani,
compangiu de su quaddu.
Grogu e abbrabballocau
Atturu, mudu, in sa terra!
Toh, chi si frimma su carru
e, lestru, n'di calada su meri
chi, castiendimi con ogu trotu,
boddendimì de terra,
m'apporri unu scattedu de axina.
Arzia e curri, oh bellu gioveneddu!
Tui sesi troppu, troppu pitticcheddu
po' furai unu tronu de muscareddu
Monserrato, 1956
Dalla finestra della sala,
guardavo da piccolino
il rientro, nel pomeriggio,
dei carri dalla vendemmia,
sulla strada del cimitero.
Uno, due, tre... dieci,
ma quanti erano?
E guardavo, meravigliato,
i ragazzini scalzi
saltare sopra i carri
per prendere un po' di uva,
e di come se la mangiavano
ridendo e scherzando.
Certo doveva essere più dolce
di quella che era in cucina.
E, mi dicevo... ed io?
Dal portone di casa,
con un salto,
dietro un carro
m'inginocchio e sollevandomi,
come un tronco di legno,
rotolo sulla via.
Dalle case di fianco
e da quelle di fronte,
sentivi solo risate
e l'abbaiare del cane
compagno del cavallo.
Sbiancato ed intontito
resto, in silenzio, per terra.
Toh, che si ferma il carro
e, veloce, scende il padrone
che, osservandomi minaccioso
e sollevandomi da terra,
mi dà un cestino di uva.
Alzati e corri, ho bel giovanotto!
Tu sei troppo, troppo piccolino
per rubare un grappolo di moscatello. |
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