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Del simigliar fame ignorante
accogliesti quel mio priego,
Tu, che fuor dal tuo solente,
risvegliasti me, alter ego,
luce d’alba d’una mente,
polo opposto a ciò che nego.
Basta, patetico Di Luccio
rientra e chiudi il pozzo
per cui nascea il tuo cruccio,
di que’ sogni, e’l tuo singhiozzo,
languido,"toccante" braccio
d’amore, inganno rozzo.
Sparisci inutile metà
pervasa da tuoi affanni,
petal arso d’altrui pietà
ove t’appaghi e trovi panni
onde fu orto. Ecco verità
ch’offuscò la vista e li anni.
MUORI! MUORI insulso insetto
e codardo, eunùco e falso,
sbiadito immàgo del tuo petto,
leon che tuba, a ruggir scarso,
sai bruciare in un "bacetto".
Nudo augello d’ali falso.
Hai "amato", ed or sei franto,
ma di frattur beffarda e vota,
amor immerita’l tuo pianto
perch’è "virtù" che zero quota
che s’avvia in geniale incanto
e in terremoto poi si rota.
Oh l’amore, oh si, l’amore!
Acclamata ed osannata
nella luce e nel torpore
dei secoli e cantata
ed eterna di tremore
fonte, e cercata e riamata
madre adottiva d’ogni core
voto di calcoli e di canti
e di passioni debitore.
Son solo vesti, a tanti
ha "regalato" il bel dolore
per cui ancora sono affranti
e delusi quei tuoi tratti
parenti vecchi più del mondo.
Giunge sì d’attesi fatti,
e per cui da questo fondo
il più temuto e a cor intatti
per me, va’ via, la terra sondo.
Parvente maturato frutto,
credesti allor a quella polpa
e alla gol che giace in lutto
sì cedendo per tua colpa
alla promessa di quel tutto
che da tutto si discolpa.
Spirto cupo, spirto teco
ermo morituro, la cagion
che intonò quel fatal eco,
ossia l’"amore", tua ragion,
portasti alto e fiero, cieco,
sott’ora lo verbo e le stagion
ove cadi innocuo e spento
della lama più affilata
e disarmato. Dal vento
vien di vita abbandonata,
rivelante dell’"Io mento",
luce finora ben placata,
esta lignea gabbia aurata.
E nell’afferrar tu gramo
quell’ingrata grave grata
resistente men d’un ramo
in infame cadi ornata
scheggia d’odio d’un ricamo.
E per ciò che non esiste,
per ciò ch’è morto e che mai nacque
piangi or gemma in cui persiste
l’impuro VER che finor tacque
di vizio e gioco qui mai viste,
sensual piacer che move l’acque. |
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«Vorrei precisare che questa è solo la prima parte di un discorso fra due lati di una stessa anima, quella "cattiva", rabbiosa, e quella "buona", matura, saggia, che pubblicherò a breve. La poesia è spudoratamente intrisa di ironia, indirizzata a quella parte dell’anima che ha amato ed ora piange. Ma è solo rabbia, cm testimoniamo le parole consecutive aventi il fono "GR",proprio di chi è arrabbiato (gramo, ingrata, grave, grata). A breve per il "sequiel". xD» |
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