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«Qnd cala la notte nn riesco a dormire, xkè è assillante l'immagine (insonne immago) di te ke piangi a dirotto distrutta, ma al contempo piena di vita x quel dolore ke stai provando. Ti fai trasportare dal dolore e dall'amarezza del pianto perché sei assetata d'un desiderio vago (perché non sai nemmeno tu se lo vuoi davvero) che irradia ciò che ravviva il cuore (il sorriso) come in quelle volte che, come per magia, sembra farsi trasportare soavemente dalle onde marine per spiaggiarsi delicato e felice sulla proda dell'Amore. Come i naviganti erano ardenti e audaci a liberare la terra santa (episodio tratto dalla Gerusalemme Liberata) così vedo quel tuo viso e sento il dover di combattere per te. E così, armato di speranza, la stessa comincia a piangere e pregare. Oh Madre... vita (La Natura) capisci quanto è difficile il momento che hai riservato a questa donna, capisci quanto sono alte le mura del dolore che resistono imponenti alla felicità. Eppur il suo modo di piangere sembra angelico. Come può un angelo che si macchia della presunzione dell'accusa, intonare un pianto così dolcemente divino che reclama quel banchetto della vita dove Amore è il pane onde si sfama? Come può una persona abbattersi e rimanere tanto alta? Come i fiori di loto, nonostante siano tipici di acque fangose, rimangono costantemente puliti, così è ora il tuo cristallino volto (e la tua anima) che rimane angelico e puro nonostante i vizi del mondo. Segue poi un incitamento a rialzarsi.» |
Inserita il 06/11/2009 |
Quand’alme e luci sono spente, sveglia
se’ ‘n roseo albeggiar d’insonne immago;
parmi al piovoso pianto fiacca e viva,
assetata d’amor e affetto e vago
desio ch’irradia ciò che’l cor ravviva,
come fiata in cui, per incantamento,
si spiaggia, nudo, su festosa riva.
Come stuol de l’audaci nauti intento
a liberare de la santa terra
ardenti sì vegg’io quel viso e sento
umile e altero l’obbligo alla guerra
che non volge nel fero accento’l sangue
a l’arme, ma maggior doglianza atterra.
Armato priega e sì la speme e piangue:
"Madre delle Madri, di tua fattur
fattura, eterna morte e ciò che tangue
vita uman intendi qual alte mur
che restano all’assedio del Felice,
son, imponenti e ‘mpietose. Sì dur
è lo glorioso volo che si dice
esse’l miracol de la dolce vita?
E par soave modo cui s’addice
pietà beata’l piangere smarrita;
or dunque come può cor che s’infama,
fedele a la segnor che l’ha accudita,
intonar divo canto che reclama
que l’unico convivio colmo e voto
ov’è l’Amor il pane onde si sfama?".
Qual fior, in pinte foglie, che di loto,
e pur ontato da cotan fanghiglia,
clarezza e purità non vende al moto
così che più resplende e al sol s’infiglia,
tal è’l ridente tuo e leggero volto
ameno e vivo e terso cui s’abbiglia
lo mondo ignaro e da buon fato colto,
ma ver, venduto e avaro e perso, Dite,
vorace e ‘nsoddisfatto pur s’è vòlto.
Insigne Regia, quanto calma e mite
déstasi fedel la face d’esse e alta
e grave e cara veste in speme vite
che lindo o lercio ogn’om eterno essalta.
Dèstati allor da que l’armata veglia;
in piedi, fera, mostra la ribalta
del desider potente che mai inveglia.
All’alba e ‘n risi incanta a gui’ di mago
i cuor torpìdi con un dolce: Sveglia. |
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Questa poesia è pubblicata sotto una Licenza Creative Commons: è possibile riprodurla, distribuirla, rappresentarla o recitarla in pubblico, a condizione che non venga modificata od in alcun modo alterata, che venga sempre data l'attribuzione all'autore/autrice, e che non vi sia alcuno scopo commerciale.
«Se’’n= sei in; fiata= volta (da intendersi= come quella volta; fero= fiero;
E armato priega e sì la speme e piangue= E cosi mi armo di speranza la quale comincia a piangere e pregare in questo modo; face= fiaccola; d’esse= dell’essere; face d’esse (il sole visto come la fiaccola dell’essere, la fiaccola che permette la luce e quindi la vita; inveglia= invecchia; a gui’ di mago= a guisa di mago. All’interno della poesia si può capire il nome della mia cara amica. Lo so che può non importare, ma è piuttosto un modo divertente per analizzare due parole. VI HO DATO UN AIUTONE! XD» |
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