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Il Servitore di due Padroni

"Il servitore di due padroni", noto anche come "Arlecchino servitore di due padroni", è una delle (leggi...)
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Sorge il Sole ogni mattina di Alberto De Matteis
Minuzzoli di pane 2 di Berta Biagini
Sonetti Arcanici di Franco Scarpa
Un ‘emozione in volo di Rita Angelini

SpiegaPoesie riproposte
Presunzione di Silvana Poccioni
Bob di Stefano Acierno
Esalazioni dimezzate di rosanna gazzaniga
Pioggia e nozze a Rocca- Morreale! di Giuseppe Vullo
Figlia Di Un Tempo Diverso! di Adele Vincenti
Sollievo di rosanna gazzaniga
Sono diventata assenza di rosanna gazzaniga
Aspettando il domani di Elena Artaserse
D’estate di Stefano Acierno
Mentre ti penso amore di Stefana Pieretti

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Autore del giorno Danilo Tropeano
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Paidiologia

Fantasia
Presero i Paides sostanza e colore
che furon del Lor Spirto dimora,
già parte e vita del Fuoco Interiore:
come detto, su Chton scesero allora.
Come esalata da nero vapore,
videro Chton qual putrida gora:
lingue sputavan le cime, di foco,
laddove lutulento parea il loco.

Del Lor Spirto riempiron la Natura,
chi l'alma terra, chi l'acqua turchina,
chi l'alte cime, e d'esse ebbero cura,
recidendo la tosca e nera spina.
Ma la Sua nube s'addensava scura
nella stellifera volta divina
e stillavano tosto acide gocce
ché putridivano persin le rocce.

Quel ch'è mercé di psiche e però cani,
o viene scosso da linfa vitale,
sfiora di Ghé le genitrici mani
che son sorgente di vita immortale.
I fallaci pensieri degli Umani
non carpiscono quel che a Lei più cale:
aver ciò di cui l'Essere abbisogna
senza che gli altri conoscan la gogna.

Lo Spirito d'Ydòr nelle acque scorre
e giammai si sofferma in un sol loco
perché il soave moto deve apporre
al turbinio d'onde e spegnere un fuoco
laddove, reo Faylos, n'occorre.
Quando dai mari si ritira fioco,
l'Oscuro prende dell'Acqua possesso
e impetuosa La scuote, come Nesso.

Sommo fra i Pàides fu Agathos, il Buono:
Theos di Chton Gli affidò il Potere,
poste le mani su Giustizia e Tuono.
Furente per le tenebre più nere,
terribile levandosi dal Trono,
l'Aere squarcia con folgori fiere,
le portatrici dell'Azzurro vero,
sanza timor dell'Oscuro Pensiero.

Spesso con l'Aria il Suo Essere confonde
e Chton conosce il Suo caldo Respiro:
dall'Alte Cime alle Terre Profonde,
aleggia d'Agathos il Divin Sospiro.
Germoglian fiori e spumeggiano l'onde,
come non scocca l'arco fermo il tiro
se non lo stende l'arciere e lo allenta
con forza di suo braccio assai violenta.

Sua sorella e sposa è Kalé, la Bella.
Lingua non v'è tra'Mortali ch'esprime
la Sua fulgida grazia d'una stella
o dei Mastri Elfi le preziose rime.
Parla del Cielo la dolce favella
e tra le cose che vengon per prime
pose sovra le sfere alte del loco
quella che brucia per calor di Fuoco.

Dove l'acqua discende scintillante
seco portando il fruscio splendente
dove lambisce la roccia affiorante
d'argento vivo più che mai lucente,
prese la Loro Dimora sembiante,
come la vide la Superna Mente:
ed essa Paidoncora fu nomata,
donde solo l'amore spira e fiata.

Altre Progenie di minor potere
ebbero essere già prima del Mondo
e dei Pàides seguiron il Volere
di Chton il fato foggiando ed il fondo.
Attratti dall'ingegno d'Arti Nere,
giunsero alcuni al Trono dell'Immondo
e tosto crebbero in Malvagità,
d'atre infamandosi atrocità.

Mosso dall'ira e da grande timore
al più mero disprezzo d'ogni vita
cadde Faylos dal proprio splendore
e nell'Oscurità calò infinita.
Ivi conobbe Paura e Dolore,
aguzzi artigli delle crudel dita:
terribile tramò la Prima Guerra
che nell'Ombra Eterna tutta Chton serra.

Soggiogar non potendo quella Luce
che sin dal Grido su Chton risplendeva,
dell'astio che sconfitta poi produce
entro il profondo il Malvagio s'ardeva
e la Battaglia che all'oblio riduce
nella fortezza di Melas tesseva.
Della Perfidia dal Suo Odio esalata
la Primavera di Chton fu guastata.

Simil a loto che guasta le cose
mentre la calda estate ne avvizzisce,
sì gualciron di Ghé le bianche rose,
la rigogliosa piota poi appassisce
e negli acanti per le brezze afose
la verde linfa vitale perisce.
Dell'Oscuro Nemico gli atti
ridusser Chton a guisa di paludi.

Di quel che Theos ebbe Lor celati,
ovver perfidia, vendetta e dolore,
i Figli di Virtù incoronati
immenso ne conobbero l'orrore.
Come color che al periglio prostrati
il proprio non vedono buon ardore,
tali furon i Pàides pel sconforto
quando videro il Loro desio morto.

Come sovente la materia sfrange
o per caduta o per disgrazia alcuna
e quinci lo scultore non ne piange,
ma quel che di buon v'è permaso aduna,
sì quella luce ancor'oggi rifrange,
simile al chiaro baglior della Luna,
che dal Loto del Nero liberata
in Paidoncora fu dotta beata.

Quivi foggiaron cose ancor più belle
e nulla venne meno al proprio incanto:
in cielo ardevano alcune fiammelle
che di Kalé ed Agathos furon vanto
poscia che le nomaro chiare stelle.
Quinci tra'l limpido ed azzurro manto
Kalè due Eterne Luci posar vole:
infin brillaron la Luna ed il Sole.

A lungo Ella di Chton pianse la morte.
Sorsero stelle dall'amaro pianto
e quinci d'Agathos lo Spirto forte
nella volta le fece ardire alquanto.
Due d'esse ebbero strana la lor sorte
ché ridotte affocate al Vento Santo,
nei contrari emisperi furon guida
contra il periglio che tra'l mar s'annida.

Il Male sulla Terra riversato
cieche rese le fulgide pupille
di Kalè, come falco presto piombato.
Ma del Cielo le due Grandi Faville
a cui Selene e Elios nome fu dato,
son di Kalè i gemmei occhi che ancor brille.
Per Chton Theos ne salvò lo splendore,
qual gesto d'incommensurato amore.

Paidoncora di Chton fu più splendente
al mentre dell'andata primavera,
ma Faylos tendeva il Suo fendente
nella paura di Melas più mera.
Quell'astro sì di rai bello e ridente
di Theos l'Arte riecheggiava vera
e d'occultarlo pensava ed ordiva
ché invidia per i suoi pari nutriva.

Scatenò tosto la Prima Battaglia
che presso Paidoncora ebbe loco.
Aspra fu come un'aguzza muraglia
e devastante come un lesto fuoco
che prima affoca la riarsa paglia,
e il vento sperde poi spirando roco.
Quinci fu Lygra Polemos nomata,
la Guerra Mesta sempre rammentata.
Poesia in esclusiva
Francesco Pozzato 19/08/2009 13:34| 1598

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.


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Nota dell'autore:
«schema metrico: ottave narrative con rima ABABABCC

nel consueto metro dei poemi epico- cavallereschi, eccovi il seguito del canto introduttivo al mio racconto fantasy, "Chtonarchia"...
se in esso era contenuta la Creazione, qui appaiono le prime gesta plasmatrici dei Pàides, i Figli di Theos, l'unico Dio...
di qui seguiranno canti numerati in ordine romano che costituiranno "I Racconti dalla Terra Incantata"...
»

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