Haiku
L'haiku (俳句) è un componimento poetico di origine giapponese che ha precise regole di composizione.
La caratteristica più evidente è che si compone di tre soli brevi versi. Nella lingua originale, inoltre, la metrica è ben precisa: 5 sillabe il primo verso, 7 il secondo e 5 il terzo, per un totale di 17 sillabe. Vi sono anche haiku con un numero diverso di sillabe, ad esempio 24, ma perché l'autore aveva costruito un proprio ben preciso stile personale.
Componendo in italiano è necessario rispettare la regola dei tre brevi versi, anche se è impossibile rispettare la regola tradizionale giapponese sulle sillabe (5–7–5) almeno nella gran parte dei casi. Rispettarla sarebbe meglio, ma non è possibile imporla.
Se proviamo a prendere un haiku autentico, scritto in giapponese, e lo traduciamo è poco probabile che possiamo riuscire a conservare il suo senso e rispettare la regola 5-7-5 allo stesso tempo. Se qualcuno vi riesce è un ottimo lavoro, ma non è possibile imporre alla lingua italiana una regola che è nata nella lingua giapponese, profondamente diversa.
E' invece necessario, anzi indispensabile, badare all'impostazione del testo ed alla sua costruzione.
Il primo verso dell'haiku è una descrizione, il secondo verso prosegue la descrizione con un'altra immagine o con un particolare, ne costituisce un approfondimento od una descrizione fatta sulla stessa linea. Il terzo verso, invece, costituisce una rottura: pur rimanendo logicamente congruo con i primi due e fisicamente nello stesso ambiente, offre una visione completamente diversa citando termini o concetti non previsti dai primi due versi, anzi inattesi.
Questo è un haiku di Basho:
Vecchio stagno
tonfo di rana
suono d'acqua
Nella versione originale (Furu ike ya/Kawazu tobikomu/Mizu no oto) le sillabe sono effettivamente 5-7-5, ma in italiano è praticamente impossibile rispettare questa regola rispettando il senso e l'essenzialità dei versi.
Ecco un esame critico di questi versi: "la riduzione al minimo delle parole impiegate, così al livello semantico, la realtà e l'evento rappresentato non vengono accompagnati da alcuna allusione al soggetto che li percepisce né tanto meno da una sua riflessione o da un suo commento sentimentale (la rappresentazione dell'attimo in cui si danno il tonfo nell'acqua della rana e il suono corrispondente non è accompagnata da alcuna considerazione del poeta sulla fugacità del tempo o sull'interruzione di una situazione di pace o di silenzio) ma viene a prodursi una alta concentrazione spaziale (una semplice linea chiusa, lo stagno al cui interno si colloca solo un punto, quello in cui avviene il tonfo della rana) ed una concentrazione temporale di tre tempi in uno: l'aggettivo vecchio che conferisce all'intera scena la qualità di semplicità, naturalità, rusticità, indica il tempo passato, mentre tonfo indica un primo tempo presente e suono un secondo tempo presente leggermente sfasato rispetto al primo. Questa serie di minuziose considerazioni analitiche non devono e non fanno tuttavia dimenticare che questi tre versi sprigionano una prodigiosa potenza sintetica. Ecco il miracolo del haiku!".
E' importante, quindi, che le parole siano ridotte al minimo indispensabile e che non abbiano relazione con chi le scrive, quindi nessun aggettivo, avverbio, o descrizione di sensazione o emozione percepita dall'autore (haijin - 灰甚). Si deve capire che l'haiku scaturisce dalla sensibilità dell'autore, ma l'autore deve essere trasparente. L'haiku passa direttamente dall'animo dell'autore a quello del lettore. "I shin den shin" si dice in giapponese, cioè "dalla mia anima alla tua anima", senza concettualizzazione.
L'haiku è come una fotografia, una fotografia ridotta all'essenziale, che riesce a riprodurre un'atmosfera, sentimenti ed emozioni con il minimo possibile di elementi visibili, comunque di soli fenomeni fisici (quindi anche suoni od odori). E' una fotografia mentale (quindi con i cinque sensi). Come il fotografo, il poeta trasmette solo l'immagine pura e semplice senza aggiungere note, concetti, spiegazioni, aggettivi... eppure riesce a dare un'immagine ed una sensazione viva, immediata e precisa.
La capacità dell'autore è quella di dare un'emozione, una sensazione, descrivendo semplicemente quello che egli percepisce con i cinque sensi. L'autore invia al lettore l'oggetto della sua percezione, prima che questa venga elaborata dalla mente e trasformata in concetti.
Gli haiku sono quasi sempre connessi alla natura ed ai fenomeni naturali, visti nelle diverse stagioni. Infatti gli haiku classici hanno come regola la presenza, in almeno uno dei tre versi, di un elemento che rappresenti una stagione. Può trattarsi di un fiore (primavera), del sole (estate), di un frutto (uva in autunno), della neve (inverno) o di un elemento più vago, di un'atmosfera.
Se scrivere una poesia è difficile, scrivere un haiku è cento volte più difficile. Ovviamente un poeta parte sempre dalle emozioni che prova, ma per fare un haiku deve mettere da parte le sue emozioni. Esse gli dettano le parole, ma non vi entrano. E' il poeta che scrive, ma il poeta non c'è.
Nel testo dell'Haiku non c'è posto per "io", "tu", "te", "mi", "mio", "miei", "tuo" e tutto ciò che può indicare la persona fisica dell'autore, né un'azione dell'autore od una sua emozione.
Non c'è posto per aggettivi come "triste", "innamorato", "perplessa", o qualunque parola possa esprimere una emozione, che indichi la presenza di un soggetto che prova un'emozione.
Non c'è posto per verbi che esprimono emozioni come "amo", "ricordo", "commuove", "stupisce", né che esprimano azioni come "abbraccio", "apro", "odo", "contemplo", "busso"... Nell'haiku non ci sono persone e quindi anche il più bel tramonto non può emozionare nessuno, né ci sono azioni e quindi nessuno che può abbracciare e nessuno che può essere abbracciato.
Non c'è posto per aggettivi superflui come "caldo", "infinito", "oscuro" quando si riferiscono a oggetti o fenomeni che lo sono per loro natura. Il sole è caldo proprio per essere sole, il cielo è infinito proprio per essere cielo, la notte è oscura perché notte. Nell'haiku i versi devono essere essenziali, dire "sole caldo" vuol dire raddoppiare le parole necessarie e quindi dimezzare la capacità figurativa del verso.
Non c'è posto per avverbi come "eternamente", "per sempre", "mai"... o concetti come "eternità", "bellezza", "fede". Si tratta di elementi astratti introdotti nell'immagine dalla mente dell'autore, quindi una intrusione indebita.
Particolare importanza ha l'ultimo verso. Mentre il secondo è un collegamento logico del primo, il terzo verso si riaggancia al primo verso e ne è un collegamento, ma in una direzione totalmente diversa e non collegabile al secondo verso.
Fra secondo e terzo verso non devono esserci collegamenti logici o fisici. Il secondo verso deve essere collegato solo al primo, ed anche il terzo verso deve essere collegato solo al primo. Fra secondo e terzo verso vi deve essere contrasto, a volte un vero e proprio capovolgimento sia di direzione che di immagine, ma anche di emozione.
Prendiamo una poesia di tre versi e vediamo se è un haiku.
Prima versione:
nel tiepido vento d'estate
vedo rami oscillare
con spaventosi frutti impiccati
decisamente non è un haiku. C'è la presenza del soggetto/autore nel "vedo", "tiepido vento d'estate" è ridondante (come potrebbe essere il vento d'estate, forse freddo?), c'è un'emozione nello "spaventosi". Inoltre secondo e terzo verso non sono in contrasto, anzi ramo e frutti sono cose collegate, mentre non dovrebbe esserci proprio nessuna attinenza.
Seconda versione:
rami oscillano lenti
al vento tiepido
frutti pendono impiccati
non è un haiku, anche se lo sembrerebbe in modo superficiale. I versi sono più sintetici e c'è anche l'ultimo di "rottura", ma non lo è. Nel primo verso c'è una parola superflua ("lenti", come tutte le cose che "oscillano") ed anche nel terzo verso c'è una parola superflua ("pendono", come quasi tutti i frutti).
Terza versione:
rami oscillano
al vento tiepido
frutti impiccati
è un haiku.
"Rami oscillano/al vento tiepido" ci presenta una scena di tranquillità in un parco od in campagna, una giornata calma d'estate (l'estate è rappresentata dal vento tiepido), magari un po' di caldo ed ozio... poi arriva il terzo verso "frutti impiccati" che porta un'immagine violenta e brutale. I frutti, in questo panorama idilliaco, sembrano degli impiccati appesi ai rami!
Anche nella calma e tranquillità apparente può esserci l'essenza della paura e del dolore. L'occhio dell'autore, dopo aver visto i rami scompigliati dal vento ed aver sentito il calore infuso dall'aria, non si è adagiato in questa sensazione di pace osservando anche bianche pecorelle che si rincorrono o tranquille mucche al pascolo, ma è riuscito a trovare l'inquietudine ed a rovesciare la sensazione elegiaca che chiunque altro avrebbe provato in quel momento.
La scena è identica a quella che si può leggere nella prima versione, ed anche la prima versione riesce a dare una sensazione. E' una poesia, una poesia di tre versi, ma non è un haiku. Perché l'autore interviene direttamente e trasmette la propria emozione al lettore. Nella terza versione l'autore non è più presente e quello che trasmette al lettore non è l'emozione, bensì quegli stessi elementi che hanno provocato in lui l'emozione, in modo essenziale e liberi da ogni concetto che ne possa ostacolare l'effetto.
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