Testo da Cascina Macondo
La poesia Haiku in lingua italiana. Kigo.
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21. Kigo.
Quando oggi si sostiene che nell’Haiku il valore del Kigo è quello di educare al rispetto della natura, diciamo una bugia. Asserviamo ad una necessità nostra di oggi, ad un fenomeno tipicamente moderno, ad una ideologia, un qualcosa che non apparteneva all’Haiku originale. Nel 1600, ai tempi di Matsuo Basho, e nel Giappone, non esisteva il problema dell’inquinamento. Di conseguenza il Kigo non poteva avere la finalità di educare al rispetto della natura.
Il concetto importante nell’Haiku è il “qui” e “ora”. Lo spazio e il tempo. Solo se di queste due dimensioni abbiamo percezione profonda, possiamo provare l’esperienza della “consapevolezza”.
Nell’Haiku classico, e nelle intenzioni dei grandi maestri, ci sembra di capire che la funzione del Kigo fosse quella non del rispetto della natura, ma di immergere il poeta in una dimensione consapevole del tempo “ora” e dello spazio “qui” in cui quel tempo si manifesta.
Le regole classiche della poesia Haiku impongono che all’interno delle 17 sillabe vi sia inserita una “informazione” che faccia riferimento a una stagione. Può essere un frutto, una festa, una ricorrenza, un qualcosa che ricordi, evochi, si riferisca a una stagione (castagna, grano, papavero, farfalla, lucciola, neve, carnevale, melograno in fiore, foglie cadute, …).
La scelta di Cascina Macondo è che è necessario introdurre il Kigo o il Piccolo Kigo o il Kigo Misuralis o il Kigo Temporis.
In mancanza della stagione o del Piccolo Kigo, l’Haiku si chiamerà Senryu, così come si chiamerà Haikai se è un Haiku comico o demenziale.
Condividiamo però il pensiero di Matsuo Basho, dilatandone l’applicazione, quando dice che un Haiku «coglie nella sua essenza ciò che semplicemente accade qui e ora».
Gli elementi importanti sono dunque per noi il “qui” e “ora”.
Dunque un “luogo” e un “tempo”.
Devono essere contenute entrambe queste informazioni. Sono infatti queste due informazioni, precise e circostanziate, di luogo e di tempo, che vestono l’Haiku di concretezza.
Probabilmente anche il Kigo aveva in origine questa finalità, ma la sua rigida applicazione, riferita solo alle stagioni, rischia di incatenare l’Haiku.
Piccolo Kigo. La poesia Haiku in lingua italiana.
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22. Piccolo Kigo.
Abbiamo visto che “Kigo” vuol dire “stagione”.
Nell’Haiku classico il Kigo è obbligatorio.
Abbiamo anche visto che la regola del Kigo mira a ricordare al poeta che il suo componimento deve riferirsi ad una realtà concreta, al “qui” e “ora”.
Il Kigo è circolare. Le stagioni infatti si susseguono ricominciando sempre da capo all’infinito. Esse contengono l’idea del “Sabi”, del “Wabi”, dell’“Aware”, dello “Yugen”. Le stagioni contengono una idea lirica.
Cascina Macondo chiama semplicemente Piccolo Kigo un qualcosa che si riferisce al “giorno”. Intravediamo infatti una plausibile somiglianza tra lo scorrere dei giorni e lo scorrere delle stagioni. Anche i giorni, nelle loro singole parti, si susseguono e ricominciano sempre da capo, all’infinito, con moto circolare, come le stagioni appunto. Ma la loro durata è più effimera (aurora, alba, mattino, mezzogiorno, pomeriggio, tramonto, imbrunire, sera, notte, aurora, alba, …).
Nell’insegnamento di Matsuo Basho «l’Haiku coglie nella sua essenza ciò che semplicemente accade qui e ora» ci è sembrato di capire che ciò che è veramente importante è appunto il “qui” e “ora”.
Il Piccolo Kigo è un concetto che riteniamo ammissibile e non stravolge gli insegnamenti di Matsuo Basho. Un Haiku per noi è dunque valido a tutti gli effetti anche se non contiene il Kigo. Ma deve contenere il Piccolo Kigo, (riferimento temporale a una parte del giorno) e contemporaneamente un riferimento a un luogo concreto.
Un Haiku come il seguente:
Notte infame:
nel frigo solo l’eco
d’un uovo sodo.
Gabriele Saccavino
Secondo il criterio classico non è considerato un Haiku, in quanto non contiene la stagione.
Secondo le nostre riflessioni, e la nostra scelta, è un perfetto Haiku. Contiene il “qui” (frigo = luogo concreto) e contiene l’“ora” (il Piccolo Kigo, riferimento ad un’ora, ad una parte del giorno = la notte).
La poesia Haiku in lingua italiana. Kigo Misuralis.
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23. Kigo Misuralis.
Dalla prefazione al libro “Nell’Armadio del pane”, edizioni Cascina Macondo.
tra le parole
ampi spazi la lettera
d’un prigioniero
a prisoner’s letter
the wide spaces
between words
Jim Kacian
L’Haiku di Jim Kacian, inviato alla 4° edizione (anno 2006) del “Concorso Internazionale Haiku in Lingua Italiana” edito da Cascina Macondo, ha stimolato una importante riflessione.
In questo Haiku non compare infatti il Kigo e nemmeno il Piccolo Kigo. Quindi sarebbe non un Haiku, ma un Senryu.
Eppure l’impressone di grande bellezza e semplicità e profondità che esso suscita, e il grande “Sabi” di cui è permeato, ce lo fa intuire come un bellissimo Haiku, anche se non ha un riferimento alla stagione.
Da dove deriva questa sensazione che tutti i componenti della giuria hanno provato? Ci sembra di poterla rintracciare in una affermazione dello stesso Matsuo Basho, quando dice: «Non seguire le orme degli antichi, ma quello che essi cercarono.».
Lo stesso Matsuo Basho più volte ha ribadito il concetto che l’Haiku si riferisce al “qui” e “ora”. Allo “spazio” e al “tempo presente”. Ma forse il concetto di spazio e tempo vanno intesi in maniera più complessa, come in effetti sono queste due entità. Forse siamo di fronte ad un Haiku quando abbiamo una percezione di “spazio” soltanto (distanza, lontananza, vicinanza, percorso, cammino, salita, discesa, ...). E siamo forse di fronte ad un Haiku quando abbiamo una percezione soltanto di “tempo” (che scorre, che si ferma, che si accorcia, che si allunga, che è parte del giorno, che è stagione, che è era geologica, anno, mese, giorno, minuto, attimo, ...).
Tra le parole, nella lettera del prigioniero, ci sono ampi spazi. Una scrittura incerta, da quinta elementare forse, comunque infantile. E mentre il prigioniero rilegge la sua lettera, anche se gli spazi sono fermi fisicamente sulla carta, sembrano in realtà muoversi, “scorrere”, mentre l’occhio prosegue nella lettura.
Sono questi ribaltamenti di percezione che rendono bello e profondo questo Haiku.
Ci viene in mente un altro Haiku inviato al “Concorso Internazionale Haiku in Lingua Italiana” nell’edizione 2004 dal napoletano Pasquale Corsaro:
due panchine
nel viale alberato
separazione
Pasquale Corsaro
Anche qui c’è un gran silenzio (“Sabi”), il mistero (“Yugen”) e nostalgia (“Aware”). Ma non c’è riferimento a una stagione. Non c’è nemmeno il Piccolo Kigo. Ma c’è una idea di “spazio”. Le due panchine sono separate da una distanza, anche minima, forse affiancate, forse una di fronte all’altra nel viale alberato. Lui e Lei seduti in silenzio su quelle panchine, forse dopo l’ultima lite, l’ultima incomprensione. Separazione.
La percezione è che siamo di fronte a un bell’Haiku e non a un Senryu. Come nel componimento di Jim Kacian.
Kigo Misuralis. La poesia Haiku in lingua italiana.
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Prendiamo quest’altro Haiku inviato al “Concorso Internazionale Haiku in Lingua Italiana” edizione 2006 dagli alunni della classe 5 A della scuola elementare di Vagli di Sotto di Camporgiano in provincia di Lucca:
Giù sotto l’acqua
il mio paese ristagna
nel suo silenzio.
Autori Vari
Non c’è il Kigo, non c’è il Piccolo Kigo. Un Senryu dunque? No, un bellissimo Haiku.
C’è una idea di “spazio”, “profondità”. Sotto l’acqua, laggiù, il paese immobile, sommerso, fermo in quel luogo. Silenzio, nostalgia, affetto.
È labile il confine tra Haiku e Senryu.
Forse occorrerebbe considerare come Haiku anche quei componimenti che contengono un concetto di “spazio”, “distanza”, “vicinanza”, “percorso”, “cammino”.
Un Kigo speciale che abbiamo chiamato “Kigo Misuralis”.
La poesia Haiku in lingua italiana. Kigo Temporis.
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24. Kigo Temporis.
Dalla prefazione al libro “Nell’Armadio del pane”, edizioni Cascina Macondo.
Prendiamo questo bellissimo Haiku inviato al “Concorso Internazionale Haiku in Lingua Italiana” edizione 2006, scritto da Emma Bonaguri, una bambina della classe 3 B della scuola elementare De Amicis di Forlì:
Righe di anni
scultura naturale,
albero nonno.
Emma Bonaguri
Non c’è un riferimento alla stagione, non c’è il Picolo Kigo.
Dovremmo classificarlo come un Senryu.
Ma c’è un riferimento al tempo che è trascorso: i cerchi nel tronco dell’albero sezionato. C’è il “Sabi” (silenzio), lo “Yugen” (mistero), c’è “Hosomi” (la delicatezza, l’affettuosità). Un bell’Haiku.
Sì, dobbiamo riflettere sulle parole di Matsuo Basho, capirle, farle nostre: “Non seguire le orme degli antichi, ma quello che essi cercarono”.
Kigo Kimoti. La poesia Haiku in lingua italiana.
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25. Kigo Kimoti.
Kimoti = stato d’animo, sentimento.
Inserendo in un Haiku per intero il nome di una stagione, o di una “cosa” che appartiene a quella stagione (una festa, un frutto, un fenomeno atmosferico), non abbiamo dubbi sulla presenza del Kigo in quell’Haiku. Se non c’è il Kigo classico dobbiamo ricercare la presenza di un Piccolo Kigo o di un Kigo Temporis o di un Kigo Misuralis, per definire quel componimento un Haiku.
In mancanza o nell’incertezza della presenza di questi “Kigo” ecco che, come il passaggio di un testimone, il compito di classificare il componimento come Haiku passa al Kigo Kimoti.
Si tratta di individuare quale degli otto stati d’animo principali è presente nel componimento (“Sabi”, “Wabi”, “Aware”, “Yugen”, “Hosomi”, “Karumi”, “Sabishisa”, “Shiori”) che pure, almeno uno di essi, per tradizione giapponese, è obbligatorio inserire nell’Haiku.
Il Kigo Kimoti è giustificato dal parallelo che si può fare tra “stato d’animo” e “stagione”:
Wabi (l’inatteso, il risveglio dell’attenzione) = Primavera;
Aware (nostalgia, transitorietà, rimpianto, caducità delle cose) = Autunno;
Sabi (silenzio, grande quiete, solitudine, distacco) = Inverno;
Yugen (il mistero, l’inafferrabile, magia e complessità della vita) = Estate;
Hosomi (delicatezza, affettuosità) = Piccolo Kigo (giorno);
Karumi (leggerezza, innocenza, piccolo sorriso e piccola ironia) = Piccolo Kigo (giorno);
Sabishisa (tristezza, malinconia, depressione) = Piccolo Kigo (notte);
Shiori (ombra, morte, immobilità) = Piccolo Kigo (notte).