Come nella precedente poesia sul cagnolino, anche in questa, dedicata a un bel gattone conosciuto (certi particolari me lo fanno pensare) dal poeta in un'età probabilmente meno infantile, si ripete la stessa tecnica: versi con metrica diversa (ma alcuni, se non erro, sono endecasillabi) posti l'uno dopo l'altro senza lasciare spazi bianchi (perché immagino che la concitazione del ricordo impedisca di far pause tra un'immagine e un'altra) . L'autore dimostra in modo alquanto convincente al lettore il suo grande amore per gli animali e, in questo caso, si rammarica addirittura di non ricordare il nome da lui dato a quel fugace compagno felino (ma chissà, potrebbe anche darsi che gli animali non diano troppa importanza al fatto di avere o meno un nome proprio... )