"Era tarda sera
quando arrivò.
Il paese era affondato
nella neve.
La collina non si vedeva,
nebbia e tenebre
la nascondevano,
e non il più fioco
raggio di luce
indicava il grande castello.
Si fermò a lungo
sul ponte di legno che conduceva
dalla strada maestra al villaggio,
e guardò su
nel vuoto apparente. "
E' una bella poesia in versi liberi, non vi pare? E' stata magari scritta osservando un quadro di Munch... E invece no, è l'incipit del "Castello" di Kafka (nella traduzione di Anita Rho) , che ho ricopiato verticalmente, omettendo soltanto due volte " K . " e scrivendo "Castello" con la "c" minuscola.
L'ho fatto per dimostrare che il confine tra la prosa e la poesia (moderna) è molto sfocato (purché si tratti di una buona, di un'ottima prosa) . E' il cammino inverso (dalla poesia alla prosa) ad essere meno facilmente praticabile; quando esso diventa agevole, secondo me, può nascere il legittimo sospetto che non si tratti di una buona poesia... Ad esempio, la seguente "prosa" non mi sembra tanto valida:
"La stradina è solitaria: non c'è un cane; qualche stella nella notte sopra i tetti: e la notte mi par bella. E cammino poveretto nella notte fantasiosa, pur mi sento nella bocca la saliva disgustosa. Via dal tanfo, via dal tanfo e per le strade, e cammina e via cammina, già le case son più rade. Trovo l'erba: mi ci stendo a conciarmi come un cane; da lontano un ubriaco canta amore alle persiane" (è infatti la seconda parte della poesia "La petite promenade du poète" di Dino Campana) .