Penso che dovremmo essere tutti grati a Duilio Martino, che con abnegazione sta cercando di far migliorare il livello della critica alle nostre poesie, anche se mi accorgo che, finora, sono stato il solo a rispondergli...
Comunque, per restare nell'argomento della sua ultima proposta ( "Soldati" di Ungaretti) , ho trovato un'altra poesia del Lucchese, "Popolo" , commentata da un professore tedesco, Hugo Friedrich (in "La struttura della lirica moderna" , ed . Garzanti, 1971 , pagg. 296 - 297; ma l'originale è del 1956) , che qui propongo volentieri.
Ecco la poesia (scritta nel 1919) :
"Fuggì il branco solo delle palme
e la luna
infinita su aride notti
La notte più chiusa
lugubre tartaruga
annaspa
Un colore non dura
La perla ebbra del dubbio
già sommuove l'aurora e
ai suoi piedi momentanei
la brace
Brulicano già gridi
d'un vento nuovo
Alveari nascono nei monti
di sperdute fanfare
Tornate antichi specchi
voi lembi celati d'acqua
E
mentre ormai taglienti
i virgulti dell'alta neve orlano
la vista consueta ai miei vecchi
nel chiaro calmo
s'allineano le vele
O Patria ogni tua età
s'è desta nel mio sangue
Sicura avanzi e canti
sopra un mare famelico. "
Ed ecco il commento (l'"interpretazione" la chiama lui) di Friedrich:
"Il titolo ha un unico rapporto con il contenuto della poesia, e cioè con 'Patria' (v. 24) . Tuttavia anche questo rapporto è soltanto immaginabile, presumibile, non tale da offrire una certezza. Se ci si attiene a questo rapporto - la cui incertezza è sicuramente intenzionale - allora la poesia sembra riferirsi a un ritorno in patria dell'autore dal Medio Oriente. Tale interpretazione potrebbe essere sostenuta, dal punto di vista verbale, dal passaggio dalla forma del passato remoto 'fuggì' nel v. 1 al presente in cui prosegue il discorso nel resto della poesia; dal punto di vista contenutistico da 'il branco solo delle palme' (v. 1 ) , dal v. 16 'tornate... ' e dal v. 21 ( 'ai miei vecchi' = ai miei avi) . Chiara e inconfondibile rimane però l'intenzione di lasciare nell'ombra come semplice materia prima ogni riferimento più preciso, facendo agire al suo posto la suggestione liberatrice. In tal modo non si ha nessun appiglio sicuro, né di cose né di spazio: gli accadimenti temporali sono per contro più chiari, cioè identificabili dalle gradazioni della luce. La poesia, articolata con totale assenza di interpunzione, suona, leggendola ad alta voce, come un facile allinearsi di proposizioni brevi, con l'unica eccezione del periodo più lungo dell'ottava 'strofa' ( = vv. 19 - 23) . La ricchezza di metafore, che rappresenta il substrato più intensamente poetico della struttura della lirica, mostra parecchi esempi dei tipi più diversi: metafora predicativa (v. 5 e v. 16) , metafora di specificazione (v. 1 , v. 8 e v. 20) ; quella più appariscente rimane però la metafora assoluta nei vv. 14 -15 , dove entrambi gli elementi (alveari, monti di sperdute fanfare) mostrano solo il loro rapporto metaforico, ma non le cose a cui si riferiscono. Comune a tutte le metafore è però l'enorme spazio immaginativo, che si estende al massimo nei vv. 5 - 6 e 14 - 15. Probabilmente anche qui si tratta dell'abolizione della differenza fra linguaggio metaforico e non metaforico e del raggiungimento di effetti di estraneità sia semantica che fonica, ottenuti mediante la combinazione di vocaboli fino a allora mai prima combinati fra loro. Al di sopra di ogni enigmaticità, la poesia viene unificata dall'arco di movimento in continuo crescendo: dapprima le palme notturne e per così dire in fuga, poi la notte stessa, più avanti ancora un lento schiarirsi (v. 8 'dubbio' = la luce incerta dell'alba) , l'aggiungersi del vento del mattino e infine il chiarore letteralmente espresso (v. 23) , il, se pur metaforico, risvegliarsi nel v. 25 e al culmine del moto poi il canto vittorioso sopra il mare appassionato (vv. 26 - 27) . Come tanto spesso accade nella lirica moderna, anche questa poesia si decifra attraverso i suoi movimenti, movimenti sia puramente immaginativi, sia quelli che nascono dal gestire del linguaggio. "