"Presente non solo nel campo del vestiario, ma anche in quelli del gusto e delle arti, (...) delle ideologie e della stessa scienza, la moda è una pratica significante: essa trasforma gli oggetti di cui s'impadronisce in simboli espressivi, in segni di carattere particolare. Il significante, una linea di moda, rinvia qui a un triplice significato: a uno status sociale, che chi segue la moda detiene, o al quale aspira; a un modo di essere nel tempo, che consiste nell'essere partecipi della modernità; a un certo erotismo (...) In tutti questi campi si osservano fluttuazioni congiunturali: vi sono mode che scompaiono per poi riapparire in forme leggermente modificate. Storicamente, l'attuale organizzazione della moda è una conseguenza del declino della borghesia, sostituita nel suo ruolo di creatrice di mode, ereditato dalle élite aristocratiche, dagli ambienti intellettuali e dalle avanguardie artistiche" (riassunto dell'articolo "Moda" di Olivier Burgelin, a pag. 382 del vol. 9 dell' "Enciclopedia Einaudi" ) .
Queste parole (soprattutto: "Vi sono mode che scompaiono per poi riapparire in forme leggermente modificate" ) sono forse utili per capire che un po' tutti hanno (abbiamo) ragione nella discussione in corso: quelli, come Martino e Amara, che non accettano i troncamenti (appartengono "agli ambienti intellettuali e alle avanguardie artistiche" ? ) , e quelli, come Mau e Chiti, che sono apparentemente più semplici (o più lungimiranti, anticipando il ritorno di antiche mode? )
Io penso di stare nel mezzo, non negando però una certa simpatia per gli ultimi autori citati, forse perché, a cominciare dall'abbigliamento, non ho (quasi) mai seguito le mode, considerandole come arbitrarie imposizioni da parte di coloro che vorrebbero interferire con la mia vera personalità, che vorrebbero dominarla.