è luogo comune affermare che gli aggettivi sminuiscono la poesia. Secondo me, se non sono troppi, danno forza alla poesia.
scrivere " vecchio rimorso" , invece di " rimorso", ha tutta un'altra efficacia. Ho l'idea di un rimorso che esiste da sempre, che riemerge, che non riesco a elaborare
La morte accompagnata da " insonne, sorda" ci dice qualcosa in più che la sola morte.
" Insonne" ( non prende mai una pausa, non si stanca mai, è sempre vigile, in agguato)
" sorda" ( non ci ascolta, non tiene conto del nostro bisogno di vita)
" I tuoi occhi saranno una vana parola" invece di " i tuoi occhi saranno una parola".
C'è il senso di tutta la poesia in quella " vana parola", come dire i tuoi occhi parlano, ma inutilmente, qualunque cosa essi dicano non lasciano impietosire la morte.
Non continuo con gli altri aggettivi per non tediarvi.
Vi propogno la poesia da cui ho tratto questi stralci di versi
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi –
questa morte che ci accompagna
dal mattino alla sera, insonne,
sorda, come un vecchio rimorso
o un vizio assurdo. I tuoi occhi
saranno una vana parola,
un grido taciuto, un silenzio.
Così li vedi ogni mattina
quando su te sola ti pieghi
nello specchio. O cara speranza,
quel giorno sapremo anche noi
che sei la vita e sei il nulla.
Per tutti la morte ha uno sguardo.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.
Sarà come smettere un vizio,
come vedere nello specchio
riemergere un viso morto,
come ascoltare un labbro chiuso.
Scenderemo nel gorgo muti.