Penso che se ognuno di noi rispondesse dettagliatamente alla garbata domanda di Aldo Bilato, ne verrebbe fuori una lista noiosa e interminabile.
Ognuno di noi ha certamente letto qualcosa o molte cose nella vita, e continua a farlo. Ma, secondo me, è bene che queste letture non esercitino un'influenza diretta su ciò che scriviamo, altrimenti la fonte diventerebbe troppo riconoscibile e cadremmo in un evidente cattivo gusto, a meno che non si voglia fare un "pastiche" , come faceva in prosa Proust da giovane, e prendere bonariamente in giro certi autori (così ha fatto mirabilmente, in questo sito, l'eccellente Luciano Tarabella, con Pavese, Montale, Prévert... ) .
Tutt'al più, quando si ama particolarmente un autore, gli si può dedicare un omaggio (e io, nella sezione "Uomini" , l'ho fatto parecchie volte, con Apollinaire, Baudelaire, Pessoa, Viviani, ecc. ) .
C'è un detto che mi trova particolarmente d'accordo: "La cultura è ciò che resta quando abbiamo dimenticato tutto quello che abbiamo imparato" . Quando arriva la vera ispirazione, dovremmo avere l'impressione che una qualche musa, un qualche dio detta quelle parole soltanto a noi, che ci fa un regalo unico (anche se quella musa o quel dio sono probabilmente proprio le nostre vecchie letture, modificate, sublimate, travestite... ) .
Si possono rispettare o meno le regole della poesia classica: l'importante è, quando produciamo, avere l'impressione (almeno quella! ) di avere scritto qualcosa di davvero originale.