Autore Topic: Considerazioni sull’essere poeta: critica e autocritica  (Letto 2867 volte)

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Offline India

Considerazioni sull’essere poeta: critica e autocritica
« il: Domenica 19 Agosto 2012, 13:56:11 »
1) Il poeta, nelle sue opere, deve dire sempre qualcosa di diverso

Leopardi pur evidenziando nelle sue poesie il suo pensiero pessimista che ben tutti conosciamo, in ogni lirica ci dice una cosa diversa e ci da immagini diverse e ci fa riflettere su cose diverse.
Alcuni autori pur avendo scritto 2.000 e passa poesie ci dicono in tutte la stessa cosa, per cui dopo averne letta una le hai lette tutte ( per certi versi mi ci metto dentro anche io)


2) Il poeta non deve parlarci di sé se non occasionalmente , o meglio deve parlare di sé indirettamente, e indirettamente ci deve far capire il suo pensiero.
Leopardi per dirci che l’attesa di un evento piacevole è più bella dell’evento stesso, ci regala  il Sabato del villaggio e in nessun verso usa la prima persona
Per non parlare delle suggestive immagini proposte nella quiete dopo la tempesta e nel messaggio che quella poesia ci vuole trasmettere
E le ginestre?

3) e per finire, il concetto che la poesia ci vuole esprimere, deve essere chiaro.
Molti autori scrivono cose incomprensibili che sono loro capiscono ( ma non ne sono proprio certa), nascondendosi dietro un dito e questo dito è che trattasi di poesia ermetica.
Poeta italiano che ha abbracciato l’ermetismo è stato Montale. Mi pare che sia comprensibilissimo

Forse un mattino andando in un'aria di vetro

Forse un mattino andando in un'aria di vetro,
arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:
il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
di me, con un terrore di ubriaco.

Poi come s'uno schermo, s'accamperanno di gitto
alberi case colli per l'inganno consueto.
Ma sarà troppo tardi; ed io me n'andrò zitto
tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.

Vi potrei citare molte altre poesie di Montale o di Ungaretti, SI CAPISCONO, CAVOLO!

Secondo questi tre punti che ho individuato,  di poeti ce ne sono veramente pochi ( ovviamente anche io non ho la pretesa di esserlo).
Comunque basterebbe che venissero soddisfatte almeno due delle tre condizioni per essere certi che  ci troviamo davanti ad un poeta.
Alda Merini ad esempio soddisfa la terza e la prima condizione ed è una grande poetessa

Nelle poesie dovremmo provare, un giorno a settimana, a non parlare di noi, dei nostri genitori o figli, del nostro amore, ma parlare ad esempio per allegorie. Ne saremmo capaci?
« Ultima modifica: Domenica 19 Agosto 2012, 13:58:13 da India »

In Venere

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Re: Considerazioni sull’essere poeta: critica e autocritica
« Risposta #1 il: Domenica 19 Agosto 2012, 16:52:51 »
Non sarebbe anche meglio usare quello che la nostra vita ci fa provare per parlare.di qualcosa di umanamente universale?
Per me è questo un tratto unico e fondamentale della scrittura tutta.

Offline Alma Gjini

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Re: Considerazioni sull’essere poeta: critica e autocritica
« Risposta #2 il: Domenica 19 Agosto 2012, 17:15:09 »
molto bello e interessante il tuo topic India, (tra i pochi letti in questo forum), condivisibile ma non categorico perchè la poesia non è matematica, non è scienza esatta..

1) il poeta nelle sue opere deve dire sempre qualcosa di diverso", d'accordo ma non categorico, non è quello che dici che delinea una poesia, ma come lo dici, come lo esprimi, ho letto molto poesie di George Gordon Byron sui alberi, montagne, laghi e visi sconfortati, descrizioni della natura che lo circondava, e ogni poesia seppur parlasse di argomenti dei quali avesse già scritto, ti lasciava una immagine diversa, un altro punto di vista dello stesso paesaggio, metafore diverse pur poetando con lo stesso tema.

2) Il poeta non deve parlarci di sé se non occasionalmente , o meglio deve parlare di sé indirettamente, e indirettamente ci deve far capire il suo pensiero

ma il poeta scrive le proprie emozioni, i propri dolori, le proprie melanconie i propri amori, come fa a non parlare di se?
 La poesia non è un modo di esprimere un'opinione. E' un canto che sale da una ferita sanguinante o da labbra sorridenti. diceva Gibran e come dargli torto? Ma se è un canto che sale da una ferita sanguinante , è un canto che sale da una tua ferita sanguinante, perchè è la tua ferita che fa male... Neruda scrive in una delle sue poesie :

 Sono venuto solo per cantare
E ora qui vi saluto,
torno alla mia casa ,
ai miei sogni
ritorno nella Patagonia,
 dove il vento fa vibrare le stalle
 e spruzza ghiaccio l'Oceano.
Non sono che un poeta
e vi amo tutti,
 e vago per il mondo che amo:
nella mia patria i minatori
 conoscono le carceri
e i soldati danno ordini ai giudici.
Ma io amo anche le radici
Del mio piccolo gelido Paese.
Se dovessi morire mille volte,
 io là vorrei morire:
 se dovessi mille volte nascere,
 là vorrei nascere,
vicino all'auricaria selvaggia,
 al forte vento che soffia dal Sud,
alle campane comprate da poco.
 Nessuno pensi a me...

ma ci sono mille altre poesie dove lui parla di se, in prima persona perchè mette su carta quello che sente nell'anima quello che prova, in modo magistrale, è questo è un poeta:)


sulla terza non discuto, il poeta deve essere chiaro, perchè scrive per passione, ma chi lo legge deve capire e comprendere quello che legge senza dover prendere in mano un vocabolario.

è solo un mio punto di vista, per dirti in poche parole che è impossibile mettere argini e barriere nella poesia perchè quest'ultima è un canto che esce dall'anima e non dalle strutture o le definizioni sulla poesia.

un caro saluto
alma .
La nobiltà d'animo non sta nell'essere ricco dando spiccioli a chi ti tende la mano, ma nel dare l'anima nell'aiutare chi ha bisogno, senza che ti sia chiesto.(a.gj)

Offline India

Re: Considerazioni sull’essere poeta: critica e autocritica
« Risposta #3 il: Domenica 19 Agosto 2012, 17:53:37 »
Alma intanto ti ringrazio per il fatto che trovi questo topic interessante.
Citi Neruda, benissimo, in quella poesia Neruda soddisfa due delle tre condizioni che dicevo io.
Parla di sè, e vero, ma è comprensibilissimo e ci dice cose nuove

nella mia patria i minatori
 conoscono le carceri
e i soldati danno ordini ai giudici.

Non ho letto tutte le sue poesie ma credo che in nessun altra ci abbia detto queste cose.
Invece, insisto, molti nelle loro poesie, girano su quelle venti parole, sempre le stesse ( tipo "le piehe dell'anima"  per fare un esempio),  e non escono mai da quei binari. Mai trovi un'immagine diversa. Mi darai atto che è così.
Non solo, ma Neruda in questa poesia, parlando di se stesso, non trascura gli altri ( nel preciso caso, i minatori, i soldati del suo paese, i giudici), ti fa conoscere il suo mondo, inteso come habitat.
Nelle poesie degli autori cui mi riferisco non troverai mai " i minatori" e non solo perchè non ci sono nel paese di chi scrive, perchè non troverai mai neanche " i muratori" , perchè " muratore " non è un termine poetico ed invece sono  proprio quelle poesie che sono relegate in strutture dove ogni parola deve necessariamente essere " poetica".
E quindi troverai solo tramonto, cielo, notte, vento, etc e li troverai girate e rigirate in tutte le salse e non riusciranno mai ad emozionarti come questa poesia di Neruda.
Spero di essere riuscita a spiegarmi.
« Ultima modifica: Domenica 19 Agosto 2012, 17:55:44 da India »

In Venere

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Re: Considerazioni sull’essere poeta: critica e autocritica
« Risposta #4 il: Domenica 19 Agosto 2012, 17:56:42 »
(io l'avevo definito poetichese quel linguaggio a cui ti riferisci, facendone pure un topic - marketing per scrittori - ma evidentemente gli scrittori non hanno senso dell'umorismo...)

Offline Alma Gjini

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Re: Considerazioni sull’essere poeta: critica e autocritica
« Risposta #5 il: Domenica 19 Agosto 2012, 20:34:03 »
India ti sei spiegata benissimo, era quello che volevo dire. Cioè la poesia esprime ed è figlia di uno stato d'animo di chi la scrive, e se quel stato d'animo persiste nel tempo, è certo che anche le poesie scritte in quel arco di tempo saranno figlie della stessa ispirazione, ma questo non significa che letta una le hai lette tutte, no perchè quel stato d'animo può essere descritto in migliaia di modi diversi (per fortuna, se no da quanto esiste la poesia non dovrebbe più scrivere nessuno, sarebbe già detto tutto), e proprio quello intendevo quando dicevo "non è quello che dice chi la scrive, ma il modo in qui la dice".

faccio un esempio banale ma che rende l'dea

la descrizione dei pensieri

1-gomitoli pronti a ricomporsi
2.si agita il pensiero come l'ala di un uccello ferito
3-voci assestanti di pensieri silenti
4.pensieri come visioni deliranti,
di un amore che singhiozza
senza nessun amplesso
5.il pensiero s'impenna, s'insinua nel sangue
6.strappano le pareti all'anima i pensieri
7.grovigli inestricabili di serpi annidati
i pensieri chini un sull'altro
8.fragili sospiri scalpitanti straziano pensieri irrespirabili nell'assenza
ecc ecc, posso continuare all'infinito descrivendo i pensieri o il pensiero, ma se posso descrivere il pensiero in tutti questi modi, il tramonto in quanti modi lo posso esprimere?? Migliaia, perchè posso vedere lo stesso tramonto dal balcone di casa mia, ma con che stato d'animo lo guardo, con che stato d'animo lo descrivo? Lo posso guardare da sola e descrivo il tramonto in solitudine, lo posso guardare con la persona amata e lo descrivo con gli occhi dell amore, lo posso guardare il giorno stesso che ho saputo che il mio amato mi ha tradito, e lo descrivo con gli occhi della persona ferita e tradita, per cui uno che descrive il tramonto in 100 modi diversi non può essere poeta? Certo che si, perchè non è la poesia sul tramonto che delinea il termine, ma come descrivo il tramonto.
Questo per confermare, si fa per dire quello che dico, non è quello che dice ma come lo dice.
che poi ci sono autori che si autoproclamano poeti per aver scritto 4 versi in rima e ricevuto 10 commenti o dieci segnalazioni, ma quando leggi le loro poesie appaiono una specie di rime da baci perugina è un altro discorso;);)
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Offline paolo corinto tiberio

Re: Considerazioni sull’essere poeta: critica e autocritica
« Risposta #6 il: Domenica 19 Agosto 2012, 23:08:25 »
già affrontato un tema simile su questo forum, almeno se la memoria non mi si è involata... è già s'è detto che né la chiarezza e la comprensione, né la prima persona del poeta (l'io) possono o non possono far definire poesia un testo scritto... posso mandare messaggio chiarissimo ad un amico "arrivo domani a Roma" e nessuno affermerebbe che simile testo è una poesia... nè scrivere in modo indeterminato e indefinito, senza che parli di sé, direttamente o indirettamente, può essere considerata condizione del fare poetico... anzi la lirica, il genere più apprezzata in letteratura specialmente italiana, sgorga proprio da un io, non da un noi... riguardo al dire cose nuove bisogna vedere cosa si intende con "cose nuove"... ci sono, specialmente nella pittura, ma anche nell'arte poetica, autori monotematici, che dipingono sempre la stessa cosa, ma sotto angolature e punti di vista differenti, con luce sempre diversa, eccetera...  cos'è il nuovo in poesia?... in poesia il nuovo può essere il vecchio, a volte non può essere, perché non esiste in poesia un nuovo nel contenuto, ma esiste e deve necessariamente esistere nella forma, cordialità
salvatico è quel che si salva

Offline poetapercaso

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Re: Considerazioni sull’essere poeta: critica e autocritica
« Risposta #7 il: Lunedì 20 Agosto 2012, 00:04:03 »
Come ho più volte detto. Io non mi sento un poeta. Questa mia affermazione è stata sempre legata alla convinzione che un "poeta" lascitemi passare il termine "professionista" dovesse essere capace di suonare i suoi versi oltre l'Io, perchè molti, se non tutti, abbiamo scritto splendidi versi, colti in fragrante da una tempesta ormonale. Mentre l'arte, e che arte !, stà nel saper scrivere di temi sociali, cittadini, umani, storici  importanti, e aggiungeteci pure i sentimenti comuni. trasformando questi in poesia, come il "porco che trogola" o il "pescatore che torna solo dal molo", tutti abbiamo riconosciuti in questi versi della poesia. pertanto questo post iniziato coraggiosamente da India mi trova , seppur non essendo un poeta, pienamente daccordo e cercherò di farne tesoro, ho sempre cercato in questo sito fonti di ispirazione che mi aiutassero a migliorare nel mio scrivere. Chissà più in la nel tempo finisca anch'io per definirmi poeta !

Offline Pino Penny

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Re: Considerazioni sull’essere poeta: critica e autocritica
« Risposta #8 il: Lunedì 20 Agosto 2012, 14:48:35 »
parliamoci chiaro..in questo paese empito da poeti naviganti eccetera trovo che le definizioni: poeta e poesia siano ormai passate e trapassate.come trapassati sono i pochi poeti veri  esistiti in un passato remoto.
secondo questo stupido che parla,è ora di finirla con l'uso inappropriato dei termini di cui sopra,quasi a voler titolare con "Poeta" "Poesia" persone e scritti che altrimenti non potrebbero ambire a titoli  vari come:Cavaliere.Commendatore.e via dicendo.forse si vuole sopperire a questa mancanza nella propria vita e si ambisce al titolo seppure fittizio casualmente citato in un sito ,di: Poeta,poetessa ....poesia..

oltretutto si dispensano tali titoli e nomie a secondo dei nostri ristretti gusti e conoscenze,dei nostri pregiudizi:solo rime,solo versi liberi,solo studi conseguiti,letture,nazionalismi(solo la poesia italiana è veramente valida)Solo la poesia americana, solo le influenze da cui ci siamo lasciati/e influenzare.eccetera..
« Ultima modifica: Lunedì 20 Agosto 2012, 14:58:05 da Il Boccaccino »
guardi la vita a...colori?Io a volte si, a volte in nero a seconda dei giorni.se sono grigi anche grigio è un colore.Ma anche in blu non mi dispiace.in rosso per tirarmi su.in giallo se mi sento più pazzo del solito,in bianco se ci vado...