Autore Topic: I - ALL'ITALIA - Giacomo Leopardi -  (Letto 2091 volte)

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Offline Gianpiero De Tomi

I - ALL'ITALIA - Giacomo Leopardi -
« il: Venerdì 27 Luglio 2012, 13:24:19 »
I - ALL'ITALIA - Canti di Giacomo Leopardi -


O patria mia, vedo le mura e gli archi
E le colonne e i simulacri e l'erme
Torri degli avi nostri,
Ma la gloria non vedo,
Non vedo il lauro e il ferro ond'eran carchi
I nostri padri antichi. Or fatta inerme,
Nuda la fronte e nudo il petto mostri.
Oimè quante ferite,
Che lividor, che sangue! oh qual ti veggio,
Formosissima donna! Io chiedo al cielo
E al mondo: dite dite;
Chi la ridusse a tale? E questo è peggio,
Che di catene ha carche ambe le braccia;
Sì che sparte le chiome e senza velo
Siede in terra negletta e sconsolata,
Nascondendo la faccia
Tra le ginocchia, e piange.
Piangi, che ben hai donde, Italia mia,
Le genti a vincer nata
E nella fausta sorte e nella ria.

Se fosser gli occhi tuoi due fonti vive,
Mai non potrebbe il pianto
Adeguarsi al tuo danno ed allo scorno;
Che fosti donna, or sei povera ancella.
Chi di te parla o scrive,
Che, rimembrando il tuo passato vanto,
Non dica: già fu grande, or non è quella?
Perchè, perchè? dov'è la forza antica,
Dove l'armi e il valore e la costanza?
Chi ti discinse il brando?
Chi ti tradì? qual arte o qual fatica
O qual tanta possanza
Valse a spogliarti il manto e l'auree bende?
Come cadesti o quando
Da tanta altezza in così basso loco?
Nessun pugna per te? non ti difende
Nessun de' tuoi? L'armi, qua l'armi: io solo
Combatterò, procomberò sol io.
Dammi, o ciel, che sia foco
Agl'italici petti il sangue mio.

Dove sono i tuoi figli? Odo suon d'armi
E di carri e di voci e di timballi:
In estranie contrade
Pugnano i tuoi figliuoli.
Attendi, Italia, attendi. Io veggio, o parmi,
Un fluttuar di fanti e di cavalli,
E fumo e polve, e luccicar di spade
Come tra nebbia lampi.
Nè ti conforti? e i tremebondi lumi
Piegar non soffri al dubitoso evento?
A che pugna in quei campi
L'Itala gioventude? O numi, o numi:
Pugnan per altra terra itali acciari.
Oh misero colui che in guerra è spento,
Non per li patrii lidi e per la pia
Consorte e i figli cari,
Ma da nemici altrui,
Per altra gente, e non può dir morendo:
Alma terra natia,
La vita che mi desti ecco ti rendo.

Oh venturose e care e benedette
L'antiche età, che a morte
Per la patria correan le genti a squadre;
E voi sempre onorate e gloriose,
O tessaliche strette,
Dove la Persia e il fato assai men forte
Fu di poch'alme franche e generose!
Io credo che le piante e i sassi e l'onda
E le montagne vostre al passeggere
Con indistinta voce
Narrin siccome tutta quella sponda
Coprìr le invitte schiere
De' corpi ch'alla Grecia eran devoti.
Allor, vile e feroce,
Serse per l'Ellesponto si fuggia,
Fatto ludibrio agli ultimi nepoti;
E sul colle d'Antela, ove morendo
Si sottrasse da morte il santo stuolo,
Simonide salia,
Guardando l'etra e la marina e il suolo.

E di lacrime sparso ambe le guance,
E il petto ansante, e vacillante il piede,
Toglieasi in man la lira:
Beatissimi voi,
Ch'offriste il petto alle nemiche lance
Per amor di costei ch'al Sol vi diede;
Voi che la Grecia cole, e il mondo ammira.
Nell'armi e ne' perigli
Qual tanto amor le giovanette menti,
Qual nell'acerbo fato amor vi trasse?
Come sì lieta, o figli,
L'ora estrema vi parve, onde ridenti
Correste al passo lacrimoso e duro?
Parea ch'a danza e non a morte andasse
Ciascun de' vostri, o a splendido convito:
Ma v'attendea lo scuro
Tartaro, e l'onda morta;
Nè le spose vi foro o i figli accanto
Quando su l'aspro lito
Senza baci moriste e senza pianto.

Ma non senza de' Persi orrida pena
Ed immortale angoscia.
Come lion di tori entro una mandra
Or salta a quello in tergo e sì gli scava
Con le zanne la schiena,
Or questo fianco addenta or quella coscia;
Tal fra le Perse torme infuriava
L'ira de' greci petti e la virtute.
Ve' cavalli supini e cavalieri;
Vedi intralciare ai vinti
La fuga i carri e le tende cadute,
E correr fra' primieri
Pallido e scapigliato esso tiranno;
Ve' come infusi e tinti
Del barbarico sangue i greci eroi,
Cagione ai Persi d'infinito affanno,
A poco a poco vinti dalle piaghe,
L'un sopra l'altro cade. Oh viva, oh viva:
Beatissimi voi
Mentre nel mondo si favelli o scriva.

Prima divelte, in mar precipitando,
Spente nell'imo strideran le stelle,
Che la memoria e il vostro
Amor trascorra o scemi.
La vostra tomba è un'ara; e qua mostrando
Verran le madri ai parvoli le belle
Orme del vostro sangue. Ecco io mi prostro,
O benedetti, al suolo,
E bacio questi sassi e queste zolle,
Che fien lodate e chiare eternamente
Dall'uno all'altro polo.
Deh foss'io pur con voi qui sotto, e molle
Fosse del sangue mio quest'alma terra.
Che se il fato è diverso, e non consente
Ch'io per la Grecia i moribondi lumi
Chiuda prostrato in guerra,
Così la vereconda
Fama del vostro vate appo i futuri
Possa, volendo i numi,
Tanto durar quanto la vostra duri.

 

Offline poeta per te zaza

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Re: I - ALL'ITALIA - Giacomo Leopardi -
« Risposta #1 il: Lunedì 30 Luglio 2012, 22:45:06 »
Forse, abbreviarla così?

mi scusi Leopardi, del quale ho già riscritto L'INFINITO, che peraltro è molto più breve...

In questa mi limito a troncare
due versi sì e uno no, tranne la parola FAMA, mantenendo la comprensione
del testo allo stesso livello, credo, perché magari può essere letta sostanzialmente
più a lungo dell'originale:


I - ALL'ITALIA - Canti di Giacomo Leopardi -


O patria mia, vedo le mura e gli archi
Ma la gloria non vedo,
Nuda la fronte e nudo il petto mostri.
Formosissima donna! Io chiedo al cielo
Che di catene ha carche ambe le braccia;
Nascondendo la faccia
Le genti a vincer nata
Mai non potrebbe il pianto
Chi di te parla o scrive,
Perchè, perchè? dov'è la forza antica,
Chi ti tradì? qual arte o qual fatica
Come cadesti o quando
Nessun de' tuoi? L'armi, qua l'armi: io solo
Agl'italici petti il sangue mio.
Dove sono i tuoi figli? Odo suon d'armi
Pugnano i tuoi figliuoli.
E fumo e polve, e luccicar di spade
Piegar non soffri al dubitoso evento?
Pugnan per altra terra itali acciari.
Consorte e i figli cari,
Alma terra natia,
L'antiche età, che a morte
O tessaliche strette,
Io credo che le piante e i sassi e l'onda
Narrin siccome tutta quella sponda
Allor, vile e feroce,
E sul colle d'Antela, ove morendo
Guardando l'etra e la marina e il suolo.
Toglieasi in man la lira:
Per amor di costei ch'al Sol vi diede;
Qual tanto amor le giovanette menti,
L'ora estrema vi parve, onde ridenti
Ciascun de' vostri, o a splendido convito:
Nè le spose vi foro o i figli accanto
Ma non senza de' Persi orrida pena
Or salta a quello in tergo e sì gli scava
Tal fra le Perse torme infuriava
Vedi intralciare ai vinti
Pallido e scapigliato esso tiranno;
Cagione ai Persi d'infinito affanno,
Beatissimi voi
Spente nell'imo strideran le stelle,
La vostra tomba è un'ara; e qua mostrando
O benedetti, al suolo,
Dall'uno all'altro polo.
Che se il fato è diverso, e non consente
Così la vereconda
Fama
Tanto durar quanto la vostra duri.

 

di sabbia e catrame è la vita...
o scorre o si lega alle dita...

Offline Michele Tropiano

Re: I - ALL'ITALIA - Giacomo Leopardi -
« Risposta #2 il: Giovedì 2 Agosto 2012, 21:09:37 »
Forse, abbreviarla così?

mi scusi Leopardi, del quale ho già riscritto L'INFINITO, che peraltro è molto più breve...

In questa mi limito a troncare
due versi sì e uno no, tranne la parola FAMA, mantenendo la comprensione
del testo allo stesso livello, credo, perché magari può essere letta sostanzialmente
più a lungo dell'originale:


I - ALL'ITALIA - Canti di Giacomo Leopardi -


O patria mia, vedo le mura e gli archi
Ma la gloria non vedo,
Nuda la fronte e nudo il petto mostri.
Formosissima donna! Io chiedo al cielo
Che di catene ha carche ambe le braccia;
Nascondendo la faccia
Le genti a vincer nata
Mai non potrebbe il pianto
Chi di te parla o scrive,
Perchè, perchè? dov'è la forza antica,
Chi ti tradì? qual arte o qual fatica
Come cadesti o quando
Nessun de' tuoi? L'armi, qua l'armi: io solo
Agl'italici petti il sangue mio.
Dove sono i tuoi figli? Odo suon d'armi
Pugnano i tuoi figliuoli.
E fumo e polve, e luccicar di spade
Piegar non soffri al dubitoso evento?
Pugnan per altra terra itali acciari.
Consorte e i figli cari,
Alma terra natia,
L'antiche età, che a morte
O tessaliche strette,
Io credo che le piante e i sassi e l'onda
Narrin siccome tutta quella sponda
Allor, vile e feroce,
E sul colle d'Antela, ove morendo
Guardando l'etra e la marina e il suolo.
Toglieasi in man la lira:
Per amor di costei ch'al Sol vi diede;
Qual tanto amor le giovanette menti,
L'ora estrema vi parve, onde ridenti
Ciascun de' vostri, o a splendido convito:
Nè le spose vi foro o i figli accanto
Ma non senza de' Persi orrida pena
Or salta a quello in tergo e sì gli scava
Tal fra le Perse torme infuriava
Vedi intralciare ai vinti
Pallido e scapigliato esso tiranno;
Cagione ai Persi d'infinito affanno,
Beatissimi voi
Spente nell'imo strideran le stelle,
La vostra tomba è un'ara; e qua mostrando
O benedetti, al suolo,
Dall'uno all'altro polo.
Che se il fato è diverso, e non consente
Così la vereconda
Fama
Tanto durar quanto la vostra duri.


ma che operazione stupida è quella di "riscrivere" e abbreviare i capolavori della nostra letteratura???  ??? ??? ??? povero leopardi si rivolterebbe nella tomba se potesse leggere... se sapesse usare il computer!  ;)
Exegi monumentum aere perennius
regalique situ pyramidum altius,
quod non imber edax, non Aquilo inpotens
possit diruere aut innumerabilis
annorum series et fuga temporum.
(Horatio, Carmina III, XXX)

Offline poeta per te zaza

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Re: I - ALL'ITALIA - Giacomo Leopardi -
« Risposta #3 il: Giovedì 2 Agosto 2012, 21:22:50 »
Hai ragione, Michele, questa è stata una sciocchezza, ogni tanto mi capita.

Però il Leopardi è stato uno dei miei miti dell'adolescenza, con Foscolo a pari merito.

E ho la presunzione che la mia "trascrizione" in lingua moderna del suo "L'INFINITO"
oggi gli sarebbe piaciuta, e mi piacerebbe conoscere, anche in questo caso, il tuo
competente parere. Grazie. Zaza


"Sempre caro mi fu quest'ermo colle, e questa siepe, che da tanta parte dell'ultimo orizzonte il guardo esclude. Ma sedendo e mirando, interminati spazi di là da quella, e sovrumani silenzi, e profondissima quïete io nel pensier mi fingo, ove per poco il cor non si spaura. E come il vento odo stormir tra queste piante, io quello infinito silenzio a questa voce vo comparando: e mi sovvien l'eterno, e le morte stagioni, e la presente e viva, e il suon di lei. Così tra questa immensità s'annega il pensier mio: e il naufragar m'è dolce in questo mare."  Giacomo Leopardi.

                                           L’INFINITO nell’anno 2011

Sempre cari ho sentito questo colle

e la siepe che tanto dell’orizzonte esclude.

Ma seduto a mirare sterminati spazi

oltre, e requie profonda e sublimi

silenzi, nell’idea mi figuro

sino a  paura averne,

e come il vento rotola

fra queste fronde, e mormora

d’una sua voce, io le comparo

l’infinito tutto e le morte stagioni,

e la presente e viva, e il suon di lei.

In questa immensità  il mio pensier s'annega

e a inabissarmi godo in questo mar.


poeta per te zaza


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« Ultima modifica: Giovedì 2 Agosto 2012, 21:25:09 da poeta per te zaza »
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In Venere

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Re: I - ALL'ITALIA - Giacomo Leopardi -
« Risposta #4 il: Giovedì 2 Agosto 2012, 21:27:41 »
Ma loro sono Poeti tropiano... Possono tutto, anche di sforbiciare così... Io ho tradotto in inglese l'infinito, così per gioco, consapevole che fosse solo.un.esercizio... Ma togliere versi credo.mi.risulterebbe difficile.
Però appena qualcuno.critica un verso.dei Poeti... Apriti cielo
 ;D

Offline poeta per te zaza

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Re: I - ALL'ITALIA - Giacomo Leopardi -
« Risposta #5 il: Giovedì 2 Agosto 2012, 22:37:39 »
Ma loro sono Poeti tropiano... Possono tutto, anche di sforbiciare così... Io ho tradotto in inglese l'infinito, così per gioco, consapevole che fosse solo.un.esercizio... Ma togliere versi credo.mi.risulterebbe difficile.
Però appena qualcuno.critica un verso.dei Poeti... Apriti cielo
 ;D

Forse, Venere, non sei riuscita a leggere il mio intervento di cinque minuti anteriore
al tuo... e quanto al resto, io ho sempre accettato le critiche, mai la maleducazione
(e non mi riferisco certo a te, non ti terrei tra i miei preferiti).
di sabbia e catrame è la vita...
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In Venere

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Re: I - ALL'ITALIA - Giacomo Leopardi -
« Risposta #6 il: Venerdì 3 Agosto 2012, 08:22:03 »
E.cosa centra la.maleducazione?  ???

Offline Michele Tropiano

Re: I - ALL'ITALIA - Giacomo Leopardi -
« Risposta #7 il: Venerdì 3 Agosto 2012, 14:56:16 »
Ma loro sono Poeti tropiano... Possono tutto, anche di sforbiciare così... Io ho tradotto in inglese l'infinito, così per gioco, consapevole che fosse solo.un.esercizio... Ma togliere versi credo.mi.risulterebbe difficile.
Però appena qualcuno.critica un verso.dei Poeti... Apriti cielo
 ;D

ma tradurre è una cosa, sforbiciare e "riscrivere" è un'altra... riscrivere in lingua moderna l'infinito (che poi non l'ho trovata manco così moderna la riscrittura sopra proposta da zaza) ha poco senso ugualmente. vabè, sarò io a non capire queste cose  ???
Exegi monumentum aere perennius
regalique situ pyramidum altius,
quod non imber edax, non Aquilo inpotens
possit diruere aut innumerabilis
annorum series et fuga temporum.
(Horatio, Carmina III, XXX)

In Venere

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Re: I - ALL'ITALIA - Giacomo Leopardi -
« Risposta #8 il: Venerdì 3 Agosto 2012, 15:21:38 »
Siamo in due allora