Posto alcune riflessioni suscitatemi dalle tue domande che credo rispondano (dal mio punto di vista) a diverse di esse.
Oggi consideriamo, in linea di massima, i suoni della nostra voce come nient'altro che una convenzione utile a trasmettere un significato e che potrebbero essere sostituiti da altri, secondo un'altra convenzione, senza che ciò comporti alcunché in termini di comunicazione.
Ma probabilmente, quando gli uomini hanno cominciato ad usare la voce per comunicare, lo hanno fatto semplicemente attraverso dei suoni, solo successivamente si sono sviluppate parole dai significati precisi.
La poesia è una forma espressiva in cui si mantiene viva la suggestione del suono ai fini della comunicazione linguistica.
Come dice Vico è l'espressione propria ad un'altra età dell'uomo, più arcaica, in cui dominano l'immaginazione, la passione, il mito; in cui era forte il senso del mistero irriducibile della realtà, dell'uomo, dell'universo.
Nell'era della ragione la forma espressiva adeguata è la prosa, e la poesia diventa fuori moda: una stranezza un po' anacronistica.
La conoscenza razionale del mondo tende ad eliminare il mistero, non c'è niente che non possa essere compreso, l'irriducibile è relegato alla non esistenza.
Ma non c'è tempo in cui la necessità espressiva del mistero sia più forte che in quello in cui è negato.
Questo, secondo me, è il senso e l'utilità della poesia oggi: cantare l'irriducibile misconosciuto.
E questo può essere fatto soltanto attraverso un'espressione linguistica non omologata, inutile ed anacronistica come quella poetica.
La poesia può essere una cura dei nostri mali interiori? Certamente, ma può essere anche un loro aggravamento!
Comunque, quando si comincia a scrivere per sfogo, per dare un'espressione alla nostra interiorità, spesso si buttano giù una serie di pensieri, una sorta di flusso di coscienza, che nella loro spontaneità sono caratterizzati da una certa incoerenza che li allontana dalla prosa razionale e li fa assomigliare alla forma poetica. Si tratta in realtà di una sotto-prosa, ma la poesia sta molto più in profondità nella stratificazione delle espressioni linguistiche.
Anche questa può essere curativa, ma non è poesia.
La metrica penalizza l'espressione poetica?
Tutta la storia della letteratura dice di no.
Se uno non sa andare in bicicletta, l'uso della bicicletta penalizza le sue capacità di movimento, ma se uno sa andare in bicicletta andrà molto più forte e più lontano di chi cammina a piedi.
Fuor di metafora la metrica, la prosodia (accenti, rime, assonanze ecc.) non sono che uno strumento che il poeta usa per controllare quella dimensione linguistica del suono che è peculiare all'espressione poetica; è un mezzo in vista di un fine, se il mezzo non è più adeguato al fine, ne va trovato un altro. D'altra parte il poeta è anche il creatore dei propri mezzi espressivi.