Autore Topic: riflessioni sull'identità di poeta  (Letto 9420 volte)

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In Venere

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Re: riflessioni sull'identità di poeta
« Risposta #15 il: Giovedì 7 Giugno 2012, 09:34:44 »
non è stato detto che sia inutile, è stato detto che il poeta è una persona che deve perdere la sua identità personale per poter diventare tale, per diventare raccoglitore delle sensibilità del mondo e restituirle sul foglio (reale o elettronico).
l'utilità è puramente umanistica, metafisica, dell'anima, un tipo di uso che nella sua stessa natura non è utile, ma solo nutritivo della nostra parte più sottile, espansivo della stessa, che per comodità definirei anima.
proprio come fanno quei clown negli ospedali: aprono le anime degli ospiti, permettendogli una guarigione interiore, prima che fisica.
il biglietto da visita? oddio... in tanti anni che scrivo mi son sempre vergognata di dirlo in giro, figuriamoci di farlo sapere... le rare volte che ho scritto e letto per qualcuno mi son sentita come dire... ridicola?
se a te piace sbandierare il tuo talento, affermarlo fortemente è parte del tuo carattere, ma non dà certo un'indicazione sulla tua identità di scrittrice, anzi creatrice letteraria.
mi pareva che il discorso proposto sia molto più complesso di come l'hai ridotto, ma non fa nulla, ci sono abituata.


In Venere

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Re: riflessioni sull'identità di poeta
« Risposta #16 il: Giovedì 7 Giugno 2012, 09:41:52 »
aggiungo che di recente sto leggendo un libro che si chiama Pianeti interiori, l'astrologia psicologica di Marsilio Ficino di Thomas Moore (non quel tommaso moro... un altro), in cui appunto si parla di anima, spirito e corpo.
viene definita la psicologia come studio ed espansione dell'anima, come quella parte sottile dell'identità, inafferrabile che solo le esperienze puramente estetiche, emozionali, belle senza scopo (tipo decorare casa propria o la città) possono rendere sempre viva, fluida, non incastonata rigida nella parte materiale di noi.
ecco, io invece del biglietto da visita, mi sentirei orgogliosa se anche solo una delle mie creazioni artistiche (anche i disegni, i lavori ad uncinetto, i piatti cucinati... ecc) fosse riuscita a dare bellezza a una sola delle anime che l'hanno incrociate e godute.
insomma, fossero psicologicamente utili, intendendo psicologia in senso etimologico: discorso sull'anima.

Offline India

Re: riflessioni sull'identità di poeta
« Risposta #17 il: Giovedì 7 Giugno 2012, 11:07:47 »
In Venere veritas, il biglietto da visita è stato solo un gioco, tanto che non l'ho distribuito. o ne ho distribuito qualcuno per gioco.  Evidentemente c'è chi non riesce a capire i discorsi profondi e chi non riesce a capire l'ironia ( anche perché era in risposta all'intervento ironico e scherzoso di Boccaccino)
Che l'arte nutra l'anima. mi sembra un concetto già acquisito, credo da tutti, non serve una grossa profondità per asserirlo;  aggiungo che svolge questo ruolo di nutrimento così bene, da avere anche un valore economico. Ci sono migliaia di film che costano tantissimo e incassano tantissimo, proprio per soddisfare il nostro bisogno di cultura, di relax, di divertimento, di crescita spirituale o intellettuale. Vogliamo parlare della musica? la musica ci " serve", sin da quando siamo nel grembo materno, tanto che ascoltare Mozart in gravidanza pare che faccia bene al nascituro, inoltre  una terapia psicologica molto accreditata è proprio la musicoterapia, quindi con me sfondi una porta aperta e non solo con me.
Concordo, con il fatto che il poeta debba perdere la sua identità personale per diventare tale, infatti secondo questa accezione, da me condivisa, di poeti ce ne sono veramente pochi, perché spogliarsi  della propria identità per raccogliere la sensibilità del mondo e restituirla su un foglio è impresa difficile e ti dirò che forse non è neanche una cosa giusta, poiché scrivere quello che gli altri vogliono leggere somiglia molto ad una strumentalizzazione.
Il poeta è un mentitore? se riesce ad ottenere fama, sì.

Riporto una frase di Zafon che ci dovrebbe fare riflettere:
"Uno scrittore non dimentica mai la prima volta che accetta qualche moneta o un elogio in cambio di una storia. Non dimentica mai la prima volta che avverte nel sangue il dolce veleno della vanità e crede che, se riuscirà a nascondere a tutti la sua mancanza di talento, il sogno della letteratura potrà dargli un tetto sulla testa, un piatto caldo alla fine della giornata e soprattutto quanto più desidera: il suo nome stampato su un miserabile pezzo di carta che vivrà sicuramente più di lui. Uno scrittore è condanato a ricordare quell'istante, perchè a quel punto è già perduto e la sua anima ha ormai un prezzo". ECCO, LO SCRITTORE, DEVE RIUSCIRE A NASCONDERE A TUTTI LA SUA MANCANZA DI TALENTO


In Venere

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Re: riflessioni sull'identità di poeta
« Risposta #18 il: Giovedì 7 Giugno 2012, 11:30:34 »
no vedi, tu presupponi che l'arte abbia un'utilità (il nutrire l'anima) io sostengo che proprio la sua inutilità la rende inarrivabile.
cioè, se io scrivo una poesia per dire che il mare è blu e mi fa sentire in pace, e così rendo tutti contenti che si beano della quiete di questa poesia, non ho fatto arte, ho fatto un bel panegirico sul mare proprio per nutrire l'anima mia e altrui.
ma questo è un po' come mangiare gallette di riso: riempiono ma sanno di poco.
se io scrivo una poesia per scriverla, perchè ne ho bisogno, perchè chi la legge non importa, perchè anche se fa schifo la scriverei comunque e via dicendo, senza un motivo insomma, uno "scrivere per scrivere", allora forse potrebbe esserci un contatto tra le anime e qui un vero psicologico fine.
l'ironia? l'ironia... posso non pronunciarmi?
visto che il post l'ho cominciato io, mi son sentita di rispondere, non ti pare?
se vuoi che ti dica che ho riso tanto, faccio pure.
ma non senti quanto è arido un discorso come dire che la musicoterapia è utile? che è una terapia, come se fossimo malati? fra le altre cose scritte in questo libro che ho citato, viene detto che non si può considerare la psicologia come una ricerca di sè, come un percorso puramente intellettuale, altrimenti troveremmo sempre qualcosa di indefinito e problematico...
godere dell'arte non ha niente a che fare con la terapia, secondo me.
e ripeto: l'ironia... ecco, non è questo l'ironia.

Offline India

Re: riflessioni sull'identità di poeta
« Risposta #19 il: Giovedì 7 Giugno 2012, 12:23:32 »
Forse non ci capiamo

Ti esprimo in maniera semplice il mio pensiero

non c'è arte dove io scrivo " il cielo è blu" se questo verso nasce dal fatto che i lettori vogliono sentirsi dire "il cielo è blu", ma io lo vedo di un altro colore

non c'è arte dove io scrivo " il cielo è nero" se io lo percepisco nero, ma  nessuno lo percepisce nero, non c'è arte in quanto non sono riuscita ( o non ho voluto) a raccogliere la sensibilità degli altri, ma ho messo su foglio solo la mia. In questo senso forse tu sostieni che l'arte è inarrivabile. Forse diciamo la stessa cosa?

Ci potrebbe essere arte se io scrivo " il cielo e arancione" e altri , oltre me, lo vedono arancione". Nessuno prima di me lo aveva scritto,sono entrata nella parte più profonda dell'individuo, nella sua sfera emozionale, gli ho fatto riconoscere un qualcosa che egli stesso sente senza riuscire ad esprimere o addirittura senza che ne abbia coscienza, ho creato un'empatia. Ho  raccolto la sensibilità di qualcuno senza disfarmi della mia.

Per quanto riguarda l'ironia, essa non è sinonimo di humor, quindi non deve fare ridere, forse deve fare incazzare o provocare. L'ironia può nascere anche da un atto di ribellione.
Nel mio caso, perché dovrei  sentirmi insegnante?
 perché tutti i giorni entro in una classe dove ci stanno persone  che potrebbe non avere voglia di ascoltarmi?
con la stessa logica potrei sentirmi poeta anche se nessuno ha voglia di leggermi. Questa era l'ironia.
Se scrivo una poesia vedo il frutto del mio lavoro, se lavo i piatti vedo il frutto del mio lavoro ( sul mio biglietto da visita avrei potuto scrivere tranquillamente lavapiatti) con l'insegnamento no, perché il frutto dipende dall'impegno di altri e non dal mio.
 






 

Offline India

Re: riflessioni sull'identità di poeta
« Risposta #20 il: Giovedì 7 Giugno 2012, 13:12:24 »
Comunque Venere, non sono riuscita a capire  se per te l’arte e utile o inutile perché in due interventi ti sei contraddetta

Da questo intervento ( riporto il tuo testo) parrebbe utile, anzi sostieni come me e prima di me che l'arte nutre l'anima

"non è stato detto che sia inutile, è stato detto che il poeta è una persona che deve perdere la sua identità personale per poter diventare tale, per diventare raccoglitore delle sensibilità del mondo e restituirle sul foglio (reale o
l'utilità è puramente umanistica, metafisica, dell'anima, un tipo di uso che nella sua stessa natura non è utile, ma solo nutritivo della nostra parte più sottile, espansivo della stessa, che per comodità definirei anima.
proprio come fanno quei clown negli ospedali: aprono le anime degli ospiti, permettendogli una guarigione interiore, prima che fisica".


In un intervento successivo, ti rimangi quello che avevi appena detto e sostieni ( ti riporto il testo)

"no vedi, tu presupponi che l'arte abbia un'utilità (il nutrire l'anima) io sostengo che proprio la sua inutilità la rende inarrivabile".

E ancora dal tuo testo:
ma non senti quanto è arido un discorso come dire che la musicoterapia è utile? che è una terapia, come se fossimo malati?

Non ho detto che tutti siamo malati, ma qualcuno lo sarà e può trarre beneficio da una musicoterapia. Forse l'aridità sta nel non capire i bisogni degli altri. Un discorso tipo: " siccome io non sono malata, è arido parlarne". Posso aggiungere che la funzione più importante svolta dall'arte è proprio questa, non certo quella dei buffoni di corte che dovevano sollazzare il re e la regina e non certo quella del poeta che ci racconta i suoi orgasmi.
« Ultima modifica: Giovedì 7 Giugno 2012, 13:25:53 da India »

In Venere

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Re: riflessioni sull'identità di poeta
« Risposta #21 il: Mercoledì 25 Luglio 2012, 15:40:10 »
non ho capito cosa intendi con "il poeta che ci racconta i suoi orgasmi"
sì, mi contraddico e spesso, ma nello stralcio riportato da te non parlo di utilità ma di funzione, di quello che fa lo scrivere e lo scrittore come suo strumento. non intenzionalmente, però e non coscientemente.
se scrivo una poesia per la morte di aldo moro nel suo anniversario, moralmente è utile, è cosciente.
se scrivo una poesia perchè lo sento e esce fuori qualcosa di cui nemmeno so dire la forma, senza farci troppo caso, figuriamoci il contenuto (magari anche un orgasmo), ecco questo è funzionale: mi sono fatta strumento di un impulso che non controllo.
è più chiaro così?

i buffoni sono utili, eccome, l'ironia che sprigionano (che fa spesso ridere, almeno chi ne possiede lo spirito giusto e di sicuro posso dire che a me fa ridere) perchè parlano alla metacoscienza dei sovrani senza farsi mai tagliare la testa. mica semplice prendere in giro il potere restando vivi.

Offline paolo corinto tiberio

Re: riflessioni sull'identità di poeta
« Risposta #22 il: Mercoledì 25 Luglio 2012, 19:30:35 »
ma faccio una domanda: esiste veramente qualcosa di "inutile"??... il concetto di utilità è un concetto metafisico... ecco, vedo la cosa più inutile del mondo, essa raccoglie in un istante la mia attenzione, proprio in quel momento ritaglio tra tantissime cose proprio quella cosa lì, scialba, inutile... ma dal momento che è caduta sotto la mia attenzione e catturato dallo sguardo già è stata utile a qualcosa... quella prima attenzione è proprio il primo movimento estetico... in seguito la "cosa"  mi fa subito distogliere gli occhi verso altre e non allunga, a mio piacimento, l'attimo di quella attenzione, e allora vuol dire che la "cosa" non ha per me valore estetico, come lo potrebbe avere la rosa che, tra tante, cattura nel giardino la mia attenzione e si fa contemplare... l'arte non è inutile, perché parte da questa "attenzione-sentimento"...  :o
salvatico è quel che si salva

In Venere

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Re: riflessioni sull'identità di poeta
« Risposta #23 il: Giovedì 26 Luglio 2012, 08:04:54 »
Questa è un'ottima osservazione. E sono d'accordo. L'utile.dipende da noi, e l'arte è nostra, mai inutile.

Offline Nunzio Buono

Re: riflessioni sull'identità di poeta
« Risposta #24 il: Giovedì 26 Luglio 2012, 11:08:41 »
...il chi è un poeta...e chi può saperlo...forse domani qualcuno scriverà di lui...io non so neppure quale pensiero muoverà la mia mano oggi e neppure so il perchè, a volte mi leggo e comprendo altre volte no...

Offline Marina Como

Re: riflessioni sull'identità di poeta
« Risposta #25 il: Mercoledì 1 Agosto 2012, 01:28:42 »
...il chi è un poeta...e chi può saperlo...forse domani qualcuno scriverà di lui...io non so neppure quale pensiero muoverà la mia mano oggi e neppure so il perchè, a volte mi leggo e comprendo altre volte no...
Grande Nunzio, tua o citazione?

Riguardo la discussione, sono fermamente convinta che al mondo c'è chi parla e chi fa i fatti. Per me è utile anche chi parla, poiché senza l'idea del fare, la riflessione, la comunicazione, non esisterebbe l'azione.

Riguardo la dualità dell'essere o non essere identità, a me sembra un falso problema. La dualità dell'essere e funzione sociale di ognuno, sono cose ben distinte.
Non è forse la prima etichetta che ci viene appiccicata nel momento stesso in cui veniamo al mondo, quella "identità" , il nostro primo riconoscimento sociale? Non è forse quel primo vagito la nostra prima opera d'arte? Così artistico, così sentito dall'interno, così liberatorio, così autosoddisfacente e prorompente verso gli altri, così condiviso?

Per Venere:
La musicoterapia è una terapia di cui si avvale la psicologia proprio per "curare" (come la pet-terapia,la ippo-terapia, ecc.) alla stessa stregua, la psicologia intesa come scienza comportamentale e conseguente psicoterapia usa ,anche "la parola".
Non per questo tutti quelli che parlano od ascoltano musica (o stanno con animali o vanno a cavallo) lo fanno per curarsi  :)
La psicologia è una scienza, non credo proprio possa entrarci con l'arte.
Se voglio fare la stronza ci riesco bene.  Talmente bene che quasi quasi ci sono. O forse ci sono.  Si, deciso.

Offline Marina Como

Re: riflessioni sull'identità di poeta
« Risposta #26 il: Mercoledì 1 Agosto 2012, 01:41:44 »
Concordo su alcune delle riflessioni d'apertura del topic.
Convintissima che quando "sono poeta" non posso in alcun modo essere altro che poeta. Quando svolgo una funzione sociale, posso non spogliarmi di un'altra (sono capace di fare la lavapiatti mentre svolgo le mie mansioni di etichetta moglie parlando della giornata con mio marito, o etichetta madre ecc, oppure etichetta segretaria mentre telefono alla etichetta amica imbustando lettere).
Ma se sto scrivendo una poesia no: sono solo io, solo un pugno di pensieri in ascolto delle vibrazioni del mondo che si riflettono in me. Sono una vibrazione nel mondo e null'altro.
« Ultima modifica: Mercoledì 1 Agosto 2012, 01:44:40 da Marina Como »
Se voglio fare la stronza ci riesco bene.  Talmente bene che quasi quasi ci sono. O forse ci sono.  Si, deciso.

Offline Antonio Terracciano

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Re: riflessioni sull'identità di poeta
« Risposta #27 il: Mercoledì 1 Agosto 2012, 12:16:35 »
Leggendo i vostri interessantissimi interventi, m'è venuta la voglia di fare una modesta e personale riflessione (o meglio digressione) sulla questione dell'identità del poeta.
Forse tutti (a condizione di saper maneggiare discretamente qualche lingua) possiamo essere poeti, quando arriva l'ispirazione. Questa per qualcuno non arriva mai, per altri forse una sola volta nella vita, e per qualcun altro mille volte...
Ma come riconoscere la vera ispirazione? Ci sarebbero vari modi, ma ultimamente si sta ripetendo per me una cosa abbastanza interessante. Quando mi trovo in qualche luogo pubblico (soprattutto all'ufficio postale) e devo attendere il mio turno senza far niente, il cervello comincia a diventare impaziente, soprattutto se nei paraggi non c'è nessuno che conosco, con cui poter parlare, o se non si intravvedono bellezze da ammirare... Capita allora che esso talvolta elabori qualche verso (due o tre) che, se non ho una penna in mano per fissarlo, evapora facilmente, non appena mi presento allo sportello per qualche operazione di natura alquanto materiale...
Sulla strada di casa spesso quei versi non ritornano (quindi non valevano granché : meglio perderli! ) , ma se succede che, pian piano, tornato ad essere solo con me stesso ed aiutato dall'esercizio fisico della passeggiata, essi si ripresentano alla mente, allora li tengo ben stretti per quei pochi minuti che mi separano dalla mia scrivania, dove li trascrivo in fretta sul primo foglio di carta a portata di mano (erano evidentemente veri versi, che con calma, a tavolino, troveranno poi dei degni compagni assieme ai quali formeranno una nuova poesia -o almeno si spera... )

Offline Gianpiero De Tomi

Re: riflessioni sull'identità di poeta
« Risposta #28 il: Mercoledì 1 Agosto 2012, 13:17:18 »
L'atto creativo, oltre ad essere una questione personale, non condivisibile e non discutibile ( nel senso che ognuno ha la propria creatura da gestire), avviene in molteplici modi, ma escluderei che avvenga nel momento esatto della scrittura, che è soltanto un fissare quei frammenti di pensiero sulla carta.Per la poetica, che dire che non sia già stato detto? Francamente ognuno ha la propria cultura, il proprio modo di esprimere. Non credo che piacere o non piacere, sia una condizione limitante per un poeta. L'importante è estendere la mente, leggendo, riflettendo, scrivendo,studiando, cercando di utilizzare ed esercitare le proprie capacità creative con continui stimoli verso l'apprendimento, che è l'unico vero modo per approfondire ed imparare una materia o più materie.

Offline Massimiliano Moresco

Re: riflessioni sull'identità di poeta
« Risposta #29 il: Sabato 5 Gennaio 2013, 00:12:46 »
Buonasera, per me la poesia è un linguaggio dell'inconscio, uno sguardo personale sul mondo e del mondo, caratterizzato da un tentativo di far emergere una parte di noi autentica e che chiedo un spazio schiacciato da una razionalità imperante. E' perlomeno un esperimento benefico o nefasto, spesso amorale di una ricerca espressiva arcaica e simbolica. Grazie ad essa, è possibile utilizzare un linguaggio il quale non comunica agli altri ma "all'altro" che è in noi. Spesso certe poesie, quando sono autentiche, erompono le barriere della coscienza e si comprendono appieno quando non cerchiamo pervicacemente di interpretarle.
« Ultima modifica: Sabato 5 Gennaio 2013, 00:22:28 da Massimiliano Moresco »