Innanzitutto grazie per questi versi che hanno il merito di rendersi abissali e aerei, nella loro profonda (benché concisa e sincopata) vastità di contenuti. V’è in essi verità e amore, dolore degli occhi e del corpo, desolazione e rifiuto, rabbia e silenzio (intere figurazioni del silenzio). Una sequenza mimica e muta di immagini bloccate in un istante fuori del tempo (“qui nel finito del finito”), quasi fissate in un limbo d’attesa, in una bolla d’acqua o in una falla livida, lasciate in piedi come dubbi o vertigini, a dare il senso e la misura di un mondo conchiuso, (saldo e tetragono eppure fragilissimo), quasi incantato, refrattario e livido, finito in un elenco di parole non più in grado di accogliere altro che se stesse. Uno spazio saturo come la forza evocativa del verbo sfatto.
Sgomenta quest’attimo di morte; forse un volo è l’unica maniera per resistergli.
Un caro saluto poetessa.