Autore Topic: La ballata del vecchio marinaio - Coleridge  (Letto 968 volte)

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passaone

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La ballata del vecchio marinaio - Coleridge
« il: Sabato 3 Marzo 2012, 12:42:31 »
Parte prima

Un vecchio marinaio s'imbatte in tre giovanotti invitati a nozze e ne  trattiene uno.

È un vecchio marinaio,

trattiene uno dei tre.

"Per la tua barba grigia e l'occhio ardente,

perché ti afferri a me?

La casa dello sposo apre le porte,

sono un parente stretto;

tra gli ospiti la festa è incominciata,

senti l'allegro strepito e il diletto."

Quegli l'afferra con la scarna mano:

"C'era una nave..." incominciò.

"Lasciami, non toccarmi, vagabondo!"

Subito la sua mano cadde giù.

Il convitato subisce l'incanto dell'occhio del lupo di mare, ed è

costretto ad ascoltare il suo racconto.

Ma lo tiene con l'occhio sfavillante -

il convitato resta immoto,

ascolta come un bimbo di tre anni:

il marinaio è pago nel suo voto.

Il convitato siede su una pietra:

non ha scelta, deve ascoltare;

e così disse il vecchio uomo di mare,

il vegliardo dagli occhi chiari.

"La nave salutata uscì dal porto,

allegramente ci lasciammo andare

sotto la chiesa, sotto la collina

e la punta del faro.

Il marinaio racconta come la nave salpò verso sud con vento

favorevole e tempo chiaro, finché raggiunse l'Equatore.

Il sole si levò dalla sinistra,

venne fuori dal mare!

e lucido rifulse, e sulla destra

si rituffò nel mare.

Alto ogni giorno più, sempre più alto,

a mezzogiorno fino sopra l'albero..."

Sospira il convitato

che ascolta il suono del fagotto giungere.

Il convitato sente la musica, nuziale; ma il marinaio prosegue il

racconto.

Ecco, la sposa è apparsa nella sala,

rossa come una rosa,

e con ilari moti della testa

i musici le fanno strada.

Dà un profondo sospiro il convitato,

non ha scelta, deve ascoltare;

e così disse il vecchio uomo di mare,

il vegliardo dagli occhi chiari.

Il vascello è spinto dalla tempesta verso il polo Sud.

"E si levò in quel punto la tempesta

furiosa, prepotente;

percossi dalle sue ali ci spinse

lungamente nel sud.

Con le antenne inclinate e con la prora,

come chi se inseguito con grandi urla

calpesti ancora l'ombra del nemico,

china avanti la testa,

la nave si rubava alla tempesta

e fuggivamo sempre verso sud.

Poi vennero nel cielo nebbia e neve

e un freddo tanto saldo

che il ghiaccio a blocchi andava galleggiando

verde come smeraldo.

La terra del ghiaccio e dei rumori sinistri dove non si scorgeva

essere vivente.

Picchi, di là dal turbine nevosi

mandavano un bagliore

triste - non ombra d'uomo o d'animale -

ghiaccio, soltanto ghiaccio e il suo nitore.

Il ghiaccio era dovunque, era qua, là,

era tutto all'intorno;

crepitava, gemeva ed ululava

come, svenuti, s'ode un vano rombo.

Finché un grande uccello di mare, chiamato l'Albatro, venne

attraverso la nebbia nevosa, e fu accolto con grande gioia e

ospitalità.

E finalmente un Albatro passò,

attraverso la nebbia era venuto;

come se fosse un'anima cristiana

in nome del Signore gli demmo il benvenuto.

Mangiò il cibo non mai prima mangiato,

con lunghi giri ci ruotò sul capo.

Il ghiaccio si spaccò con un boato;

il timoniere ci guidò fra mezzo.

Ed ecco, l'Albatro si rivela uccello di buon augurio e segue il

vascello come questo ritorna verso nord fra la nebbia e i ghiacci

galleggianti.

Da sud il vento si levò propizio;

l'Albatro ci seguiva

e ogni giorno per cibo o per diletto

al richiamo dei marinai veniva.

Con nebbia o nube, all'albero o alle vele

venne per nove sere;

le notti intere al bianco fumigare

scintillava il riverbero lunare."

Il vecchio marinaio contro la legge dell'ospitalità uccide il sacro

uccello di buon augurio.

"Che Dio ti salvi, vecchio marinaio,

dai demoni che tanto ti tormentano! -

Perché guardi così?" - "Con la balestra

io stesi morto l'Albatro.

Parte seconda

Il sole ora sorgeva dalla destra,

venne fuori dal mare,

celato dalle nebbie, e alla sinistra

si rituffò nel mare.

E il buon vento del sud spirava ancora,

ma più non ci seguiva il dolce uccello,

né per cibo o per gioco più veniva

dei marinai all'appello.

I compagni imprecano contro il vecchio marinaio perché ha ucciso l'uccello di buon augurio.

Io avevo fatto un'infernale cosa,

e questo arrecherebbe molto male:

disse ognuno che avevo ucciso l'Albatro

che faceva spirare il vento australe.

"Empio!" dissero, "uccidere l'uccello

che faceva spirare il vento australe!"

Ma quando la nebbia si dirada, gli danno ragione e si rendono così complici del misfatto.

Non opaco, non rosso, come il capo

d'un Dio, glorioso il sole si levò:

e dissero che avevo ucciso l'Albatro

che portava la nebbia e la foschia.

"Giusto," dissero, "uccider tali uccelli

che portano la nebbia e la foschia. "

Il buon vento continua; la nave entra nell'Oceano Pacifico e

veleggia verso nord finché giunge all'Equatore.

Lieve la brezza spirava, la spuma

bianca volava, la scia ci seguiva;

noi fummo i primi che irrompemmo in seno

a quel mare silente.

Improvvisamente la nave è fermata dalla bonaccia.

Cadde la brezza, caddero le vele,

fu triste quanto può cosa esser triste;

noi parlavamo solo per spezzare

il silenzio del mare.

In un cielo cocente, arso, di rame

stava il sole sanguigno a mezzogiorno

a picco sopra l'albero e il sartiame

non più grande che luna.

Giorni e giorni, l'un giorno dopo l'altro,

stemmo fermi, non vento o movimento;

immoti come una dipinta nave

in un mare dipinto.

E l'Albatro comincia a esser vendicato.

Acqua soltanto, acqua d'ogni parte,

e le tavole aride e contorte;

acqua soltanto, acqua d'ogni parte,

non una goccia per la nostra arsura.

Anche il profondo imputridiva, o Cristo!

Che dovesse accaderci tale cosa!

Strisciavano vischiosi sulle zampe

corpi informi per l'acqua vischiosa.

Intorno, intorno, con ridda mai stanca

fuochi fatui danzavano la notte;

l'acqua simile all'olio delle streghe

bruciava tutta, verde, azzurra e bianca.

Uno Spirito li aveva seguiti; uno degli invisibili abitatori di questo

pianeta, non anime di trapassati, né angeli; intorno ad essi si

potrebbero consultare il dotto Giuseppe Ebreo e Michele Psello il Platonico di Costantinopoli. Sono assai numerosi, e non c'è clima o elemento che non ne contenga uno o più.

E qualcuno nel sogno ebbe certezza

dello Spirito tanto tormentoso;

nove tese profondo ci seguiva

dal paese di nebbia e dal nevoso.

Ciascuna lingua asciutta nella strozza,

seccata alla radice;

non potevamo più parlare, come

la fuliggine avesse fatto groppo.

I compagni, in quella loro disdetta, vorrebbero gettare la colpa sul vecchio marinaio; in segno di ciò gli appendono al collo il morto uccello di mare.

Ah ! tutti quali occhiate, quale atroce

sguardo volsero a me, giovani e vecchi!

L'Albatro al collo in luogo della croce

m'appesero i compagni.

Parte terza

Tempo grave. La gola era bruciata

e l'occhio di ciascuno fatto vitreo.

Un tempo grave fu, un tempo grave!

Come vitreo a ciascuno l'occhio grave

quando, volto a ponente, all'improvviso

vidi alcunché nel cielo.

Il vecchio marinaio vede un segno nel cielo lontano.

Parve alla prima una minuta macchia,

poi apparve come un velo;

e muoveva e muoveva e prese infine

una forma sicura contro il cielo.

Una macchia, una nebbia, una figura,

e sempre più vicino, più vicino:

come a eludere un fantasma marino

si tuffava, virava, bordeggiava.

Mentre s'avvicina, gli pare un vascello; e a caro prezzo scioglie la lingua dall'intoppo dell'arsura.

Con la gola assetata e le arse labbra

non potevamo ridere né piangere,

ma per l'arsura stemmo tutti muti!

E io mi morsi il labbro e succhiai sangue,

e gridai: "Una vela, una vela!"

Un lampo di gioia;

Con la gola assetata e le arse labbra,

a bocca aperta udirono il mio grido:

"Sia lode al cielo!" dissero in un ghigno,

e tutti insieme inalano il respiro

quasi stessero bevendo.

e segue l'orrore. Perché, può essere un vascello questo che viene senza vento né corrente?

"Su, guardate," gridai, "non vira più!

Viene al nostro soccorso;

senza un filo di vento o di corrente

la chiglia dritta qua dirige il corso."

Tutta una fiamma l'onda occidentale.

Il giorno era già quasi tramontato!

Quasi a fiore dell'onda occidentale

stava sospeso un gran lucido sole;

quando la strana forma si frappose

a un tratto fra noi e il sole.

Gli pare che non sia altro che lo scheletro di una nave.

Subito il sole si rigò di sbarre

(che la Madre del cielo ci dia grazia!),

come se prigioniero da una grata

spiasse con la grande ardente faccia.

E i tuoi fianchi si vedono come sbarre sulla faccia del sole calante.

Ahimè! (pensavo, e il cuore sussultava)

come lesta si fa sempre più avanti!

Son quelle le sue vele lustre al sole

come ragne vibranti?

La Donna-spettro e lo Scheletro e nessun altro a bordo della nave.

Sono quelli i suoi fianchi da cui il sole

guardava come dietro un'inferriata?

È quella donna tutta la sua ciurma?

Forse quella è la Morte? e sono in due?

È Morte che alla donna s'è accoppiata?

Quale il vascello, tale l'equipaggio.

Le labbra rosse, gli occhi erano audaci.

I ricci erano biondi come l'oro:

con una pelle bianca di lebbrosa

l'incubo Vita-in-Morte era, l'esosa

che fa gelare il sangue.

Morte e Vita-in-Morte hanno giuocato ai dadi l'equipaggio, e

questa (la seconda) vince il vecchio marinaio.

La squallida carcassa s'avanzava,

le due gettano i dadi intente al rischio;

"Il giuoco è fatto! Ho vinto, ho vinto io!"

ella disse, e mandò un triplice fischio.

Nessun crepuscolo intorno al sole.

Il sole spare, sgorgano le stelle;

a un tratto si fa buio;

con un remoto mormorio sul mare

quella nave spettrale trascorreva.

Al levar della luna,

Noi ascoltavamo e guardavamo fisso!

Al cuore come al fondo di una coppa

la paura attingeva tutto il sangue!

Le stelle cupe, densa era la notte,

il volto del nocchiero raggia esangue

presso la sua lanterna;

dalle vele stillava giù rugiada,

finché s'alzò sul ciglio dell'oriente

col corno della luna una splendente

stella vicino alla sua punta inferna.

uno dopo l'altro,

Sotto la luna e il suo corteggio astrale,

senza il tempo per un sospiro o un grido,

si volse ognuno in agonia spettrale

e mi malediceva con lo sguardo.

suoi compagni cadono giù morti.

Quattro volte cinquanta uomini vivi

(e non udii né un grido né un lamento)

caddero, massi inerti, con un tonfo

a uno a uno giù sul pavimento.

Ma Vita-in-Morte comincia la sua opera sul vecchio marinaio.

Le anime volaron via dai corpi,

volarono alla gioia ed allo strazio!

Ciascuna d'esse mi passava accanto

con un sibilo d'arco nello spazio!"

Parte quarta

Il convitato teme che sia uno Spirito che parli;

"Mi fai spavento, vecchio marinaio!

mi fa spavento la tua scarna mano!

e tu sei magro bruno e strano

come rena increspata in riva al mare.

ma il vecchio marinaio lo rassicura della sua vita fisica e seguita a raccontare la sua orribile espiazione.

Di te ho spavento, del tuo occhio acceso,

della tua mano magra, così scura."

"Non temere, sii calmo, o convitato!

questo corpo non cadde in quell'arsura.

Solo, solo, io solo in quel deserto,

solo nella distesa ampia del mare!

E non un santo mai mosso a pietà

del mio lento agonizzare.

Egli disprezza le creature della bonaccia,

Tanti uomini, tanti e tanto belli!

tutti morti giacevano;

e mille e mille esseri vischiosi

vivevano, e vivevo anch'io fra quelli.

e pensa con invidia che esse vivono mentre tanti sono morti.

Guardavo sopra il mare imputridito,

tosto gli occhi stornavo via sconvolti;

guardavo sopra il cassero marcito,

e là stavano i morti.

Guardai il cielo, tentavo di pregare,

ma prima che sgorgasse una preghiera

un orrido bisbiglio usciva, e il cuore

arido come polvere era fatto.

Le ciglia chiusi e tenni strette e chiuse;

le pupille battevan come polsi;

perché il cielo ed il mare, il mare e il cielo

stavano come un peso sui miei occhi;

mi giacevano ai piedi tanti morti.

Ma la maledizione vive per lui nell'occhio dei morti.

Fondeva il sudor freddo dalle membra,

non erano né sfatte né corrotte:

lo sguardo con cui m'ebbero adocchiato

stava immoto dì e notte.

Maledizione d'orfano può trarre

uno spirito giù dall'alto cielo;

ma oh! maledizione anche più orrenda

sta nell'occhio d'un morto!

La vidi sette giorni e sette notti,

non potevo pregare, stavo assorto.

Nella sua solitudine e immobilità egli si strugge per la luna che

viaggia nel cielo e le stelle che sempre stanno e pur sempre si

muovono e dovunque l'azzurro cielo appartiene loro ed è il luogo

destinato al loro riposo, patria loro e loro naturale dimora, nella quale entrano senz'essere annunciate come signori sicuramente aspettati, eppure nasce una gioia silenziosa al loro arrivo.

La luna errante salì su nel cielo,

e mai non indugiava;

lentamente saliva, lentamente

lei qualche rara stella seguitava.

Il suo raggio irrideva il mare afoso,

come primaverile brina sparsa;

dove stagnava l'ombra della nave

l'acqua per incantesimo bruciava

d'un acceso rossore immoto sparsa.

Al lume della luna osserva le creature della bonaccia.

Oltre l'ombra spiavo della nave

i serpenti marini;

muovevano con scie lustre di bianco,

e quando si drizzavano, quel lume

magico ricadeva in fiocchi candidi.

Nell'ombra della nave contemplavo

la veste variopinta; era turchina,

verde lucida, nera vellutata;

nuotando si torcevano; la scia

uno sprazzo di fuoco era, dorata.

Loro bellezza e felicità. Egli le benedice in cuor suo.

O felici creature! lingua umana

quella loro beltà non può lodare;

un impeto d'amore sorse in me,

inconsciamente io le benedissi:

certo, il mio santo ebbe pietà di me,

inconsciamente io le benedissi.

L'incantesimo comincia a rompersi.

Mi fu dato a quel punto di pregare;

e dal mio collo alfine liberato

l'Albatro cadde giù

e come piombo profondò nel mare.

Parte quinta

Oh il sonno! il sonno è una soave cosa,

da un capo all'altro amabile nel mondo!

Sia lodata la Vergine Maria!

Ella mandò dal cielo il dolce sonno

che scese nell'anima mia.

Per grazia della Madonna il vecchio marinaio è rinfrescato dalla

pioggia.

Quelle inutili secchie sulla tolda

che inerti erano state così a lungo,

sognai ch'erano colme di rugiada;

e, dopo, quando mi svegliai, pioveva.

Fresca la gola e umide le labbra,

i vestimenti avevo tutti intrisi;

certo, avevo bevuto nei miei sogni

e ancora tutto il corpo mio beveva.

Mi mossi, non sentivo più le membra,

ero tanto leggero, dubitavo

d'esser morto nel sonno

e mi credevo un'anima beata.

Ode suoni e vede strane visioni e moti in cielo e in mare.

E udii subito il vento sibilare;

e non s'avvicinava;

ma col sonito suo scosse le vele

così tenui e corrose dall'arsura.

L'aria profonda esplose di vivezza!

Cento vessilli in fiamme luminosi

guizzavano su e giù, di qua, di là,

e gli astri vi danzavano nel mezzo.

Il vento emise un sibilo più forte,

stormivano le vele come biada;

e la pioggia crosciava giù dal nembo

oscuro che la luna bianca orlava.

La densa e nera nuvola fu rotta

ed ancora la luna era al suo fianco:

come acque cadenti d'alta roccia

il fulmine sfrecciò giù senza un guizzo,

tale un fiume spazioso cade a picco.

Le salme dell'equipaggio si animano e la nave si muove;

Il forte vento mai investì la nave,

eppure era la nave in movimento!

Sotto il fulmine e sotto l'alta luna

gli uomini morti emisero un lamento.

Si riscossero tutti e si levarono,

senza parlare, senza batter ciglio:

sarebbe stato strano anche in un sogno

aver visto quei morti sollevarsi.

Il nocchiero alla barra dà di piglio;

la nave si muoveva, non un soffio;

i marinai si misero alle funi,

ciascuno al proprio posto;

muovevano le membra come ordigni

morti, eravamo una spettrale ciurma.

Il corpo d'un nipote mio, d'un figlio

di fratello, mi stava stinco a stinco;

il corpo ed io tirammo ad una corda

e non mi disse verbo."

ma non per opera delle anime degli uomini, non per opera di

demoni della terra e dell'aria, ma per una schiera beata di spiriti

angelici mandati dal cielo per intercessione del santo patrono.

"Mi fai spavento, vecchio marinaio!"

"Non temere, sii calmo, o convitato!

Non erano fuggite anime in pena

che afflitte ritornassero alle salme,

ma una schiera di spiriti beati:

poiché all'alba dimisero le braccia

e si fecero stretti intorno all'albero;

suoni soavi usciron dalle labbra

e volarono via dai loro corpi.

Aleggiava d'intorno a me ciascuna

voce, saliva al sole;

lentamente scendevano di nuovo

ora confuse, ed ora ad una ad una.

Qualche volta scendendo giù dal cielo

ho ascoltato l'allodola cantare;

tutti, a volte, gli uccelli che vi sono

parevano riempire l'aria e il mare

col loro dolce frastuono!

Ed ora erano tutti gli strumenti,

ed ora un flauto a solo;

ed ora era un'angelica canzone

che gli spazi faceva essere intenti.

Tacque, e ancora mandarono le vele

un ronzio lieve fino a mezzogiorno;

un ronzio come d'un nascosto rivo

nel frondoso mese di giugno,

che alle selve dormienti per l'intera

notte mandi una quieta melodia.

E veleggiammo fino a mezzogiorno,

mai un alito di vento sospirò:

lenta e calma la nave procedeva

sospinta dal profondo.

Il solitario Spirito dell'Antartide porta la nave fino all'Equatore

obbedendo alla schiera angelica, ma esige ancora vendetta.

A nove tese giù sotto la chiglia

dal paese di nebbia e dal nevoso

lo Spirito scorreva; era lui stesso

che muoveva il veliero silenzioso.

Morì il canto alle vele a mezzogiorno,

e di nuovo la nave si fermò.

Il sole alto sull'albero maestro

l'aveva ora confitta nell'oceano:

ma subito riprese ad agitarsi

con un breve e affannoso dondolio -

avanti e indietro, mezza la lunghezza,

con un breve e affannoso dondolio.

Come un cavallo ardente alfine sciolto

diede un subito balzo;

il sangue m'affluì tutto alla testa,

io venni meno e caddi giù di schianto.

I demoni compagni dello Spirito polare, gli invisibili abitatori

dell'elemento, prendono parte alla sua offesa; e due di essi

riferiscono che espiazione lunga e dura per il vecchio marinaio fu

accordata allo Spinto polare, che ritorna verso il sud.

Quanto a lungo mi giacqui in quello stato

non posso assicurare;

ma la vita non era anche tornata,

che udii nella mia anima distinte

due voci vaghe per l'aria.

"È lui," diceva l'una ''è questo l'uomo?

per colui che morì sopra la croce,

è lui che uccise l'Albatro innocente

con la mano feroce.

Lo Spirito che abita da solo

la terra della nebbia e della neve,

gli era caro l'uccello amico all'uomo

che lo trafisse con la sua balestra."

Quell'altra era una più dolce voce,

dolce come stillante miele, e disse:

"Costui già fece dura penitenza,

ma più dura l'attende."

Parte sesta

Prima voce

"Ma dimmi, dimmi ancora,

la tua dolce risposta reiterando -

che muove così lesta questa prora?

Il mare, dimmi, che fa?"

Seconda voce

"Come schiavo al cospetto del signore

sta immobile l'oceano e non respira;

il suo grande occhio luminoso mira

fìsso la luna silenziosamente -

per conoscer la strada da seguire;

perché, quieto o infuriato, essa lo guida.

Vedi, fratello, vedi con che grazia

dall'alto essa lo guarda quasi rida."

Il marinaio è caduto in letargo; perché il potere angelico fa

procedere la nave verso nord con una velocità che la vita umana non può sopportare.

Prima voce

"Ma perché sopra lui va così lesta

la nave senza vento né corrente? "

Seconda voce

"L'aria dinanzi a lei tutta si fende

e dietro si richiude in un istante.

Vola, fratello, vola, alto, più alto!

o giungeremo tardi e troppo stanchi:

perché la nave andrà sempre più lenta

allor che il marinaio si rinfranchi."

Il moto soprannaturale rallenta; il marinaio si sveglia e la sua

espiazione ricomincia.

Io mi svegliai, stavamo veleggiando

come a un vento propizio:

era notte, una notte calma, stando

la luna in alto; i morti erano insieme.

Stavano ritti, accolti sopra il ponte,

pronti per un ossario:

fissavano su me gli occhi di pietra

che nella luna avevano un divario.

Quella maledizione e quel terrore

ch'ebbero nella morte, sussisteva:

non potevo distogliere il mio cuore

né alzare gli occhi per una preghiera.

La maledizione è finalmente espiata.

E ora l'incantesimo fu rotto:

anche una volta vidi il mare verde,

e guardai lontanissimo; ma poco

di quanto avevo visto ora m'apparve

com'uno per una deserta via

cammina inquieto d'orridi spaventi,

e una volta guardatosi alle spalle,

prosegue ma non volge più la testa

perché sa che un terribile nemico

l'incalza da vicino e non s'arresta.

Ma un vento repentino m'investì,

e non aveva suono o movimento:

la strada sua non era sopra il mare,

nelle pieghe o nel vivido fermento.

Mi sollevò i capelli, con respiro

di praterie primaverili punse

le mie guance, s'unì coi miei terrori,

pure, io lo sentii, propizio giunse.

Rapidamente volava la nave,

e pure navigava liscia e calma:

lieve spirava il vento, lieve, lieve -

su me solo spirava.

E il vecchio marinaio rivede il suo paese.

Sogno di gioia! È veramente il faro?

È la punta del faro ch'io rivedo?

e quella è la collina, ed è la chiesa?

e questa è la mia patria?

Alla bocca del porto la deriva

ci spingeva, pregavo tra i singhiozzi:

"Fa', mio Signore, ch'io sia sveglio o viva

senza più risvegliarmi."

Era limpido il golfo come vetro,

tale la sua tranquillità diffusa!

La luce della luna ivi con l'ombra

riposava confusa.

La roccia scintillava, era abbagliante

al pari della chiesa che sovrasta:

il chiarore immergeva nel silenzio

la banderuola ferma in cima all'asta.

Gli spiriti angelici abbandonano i morti corpi,

La baia bianca e viva al lume quieto

era quando ne emersero

molte forme, e non erano che ombre,

e in colori di cremisi a me vennero.

e appaiono nelle loro forme di luce.

A piccola distanza dalla prora

quelle parvenze cremisi si tennero:

allora volsi gli occhi sopra il ponte -

oh Cristo, che spettacolo!

Ogni corpo giaceva inerte e piatto,

e, in nome della Croce,

un uomo tutto luce, un serafino,

presso ciascuno stava senza voce.

Di quella schiera ognuno salutava

con le mani, visione celestiale!

come segnali fatti a una città,

ciascuno un puro lume.

Di quella schiera ognuno salutava

con le mani, non voce, né clamore -

nessuna voce, ma il silenzio scese

come musica al cuore.

Ma ecco, a un tratto udii un tonfo di remi

e il grido del pilota;

e mi fu forza volgere la testa:

una barca era apparsa, non remota.

Il pilota ed il mozzo del pilota,

udii la loro celere venuta:

o Signore del cielo! era una gioia

che i morti non avrebbero sperduta.

E vidi un terzo, ne sentii la voce:

era il buon eremita!

Cantava grave i suoi inni devoti

che compone nel bosco più profondo.

L'anima mia assolverà, del sangue

dell'Albatro egli mi renderà mondo.

Parte settima

L'eremita del bosco

Il pio eremita vive in mezzo al bosco

che scende verso il mare:

come grave egli modula la voce!

Coi marinai gli piace di parlare

che vengono da lontane contrade.

Al mattino, al meriggio ed alla sera

piega i ginocchi; ha un soffice guanciale:

il muschio che ricopre

il ceppo d'una quercia secolare.

La barca s'appressò, li udii parlare:

"È strano veramente!

Dove sono le luci così chiare

che or non è molto fecero un segnale?"

s'avvicina con stupore alla nave.

"Strano davvero!" disse l'eremita -

"e non hanno risposto al nostro grido!

Vedo le assi contorte! e quelle vele,

guardale, così fragili e corrose!

Cosa non vidi mai che le assomigli

se non forse nel bosco

quei macerati scheletri di foglie

che indugiano alle prode del ruscello

allor che greve è l'edera di neve,

ed urla il gufo al lupo sottostante

mentre divora il piccolo alla lupa."

"Ha un aspetto d'inferno, mio signore!" -

(il pilota rispose)

"ne ho spavento!" "Accosta, accosta" disse

l'eremita contento.

Ecco, la barca s'accostò al vascello,

io non dissi parola né mi mossi;

la barca si portò sotto il vascello

e d'improvviso un suono mi percosse.

Il vascello improvvisamente affonda.

Rombava sotto l'acqua

sempre più grave, sempre più tremendo:

poi raggiunse la nave, ruppe il golfo,

ed il vascello andò giù come piombo.

Il vecchio marinaio è tratto in salvo nella barca del pilota.

Stordito da quel suono grave e orrendo

che squassò cielo e mare,

com'uno che sia stato sette giorni

affogato, il mio corpo galleggiava;

ma poi con la rapidità di un sogno

mi trovai nella barca del pilota.

Sul gorgo ove la nave era affondata,

la barca roteava;

tutto era quieto fuor che la collina

che il suono ripeteva e rimandava.

Mossi il labbro, il pilota mandò un urlo

e cadde giù di schianto;

l'eremita levò le sante ciglia

e pregava raccolto là in un canto.

Io presi i remi: il mozzo del pilota,

che ora uscì di senno,

ruppe in risate lunghe e forti mentre

i suoi occhi ruotavano qua e là.

"Ah! ah!" diceva, "vedo chiaramente,

il demonio sa l'arte di remare."

E finalmente proprio al mio paese

stavo, su terra ferma!

L'eremita discese dalla barca,

e la sua andatura era malferma.

Il vecchio marinaio ardentemente supplica l'eremita perché lo

confessi; e lo raggiunge la penitenza della vita.

"Confessami, confessami, sant'uomo!"

Egli si fece il segno della Croce.

"Di' presto," fece, "dimmi,

te lo ingiungo - chi sei, che specie d'uomo?"

E tale animo mio fu presto stretto

da un'atroce agonia

che mi costrinse a dire la mia storia;

e poi mi lasciò quieto in mia balia.

Di quando in quando per il resto della vita un'agonia lo costringe a errare di terra in terra

Sempre d'allora in poi, di quando in quando,

quell'agonia ritorna;

finché l'orrida storia non sia detta,

il cuore brucia, il fuoco vi soggiorna.

Di terra in terra migro come l'ombra;

strano potere è nelle mie parole;

subito, appena ch'io ne veda il volto,

so l'uomo che mi deve dare ascolto:

a lui fo il mio racconto.

Quale fragore esce da quella porta!

I convitati sono là, raccolti:

ma all'ombra della pergola, nell'orto,

odi, la sposa e le fanciulle cantano.

È il vespro, odi la piccola campana

che mi chiama a pregare!

O convitato! questa anima mia

in un mare deserto è stata sola;

tanto fu derelitta che Dio stesso

a mala pena parve che vi fosse.

Oh assai più dolce che festa nuziale,

assai più dolce per me,

andare insieme alla chiesa

in santa compagnia!

Andare insieme alla chiesa

e tutti insieme pregare,

mentre ciascuno al suo Padre s'inchina:

vecchi, bambini, amici affettuosi

e giovanette e giovani festosi.

e a insegnare col suo esempio amore e rispetto a tutte le cose che Dio ha fatto e ama.

Addio, addio! Ma questo tieni a mente,

tu, invitato alla festa!

Prega bene benevolo chi ama

sia l'uomo, sia l'uccello e l'altre bestie.

Meglio prega chi meglio ama le cose

siano grandi o modeste;

perché quel Dio d'amore che ci assiste

fece ogni cosa e l'ama."

Il marinaio dall'occhio luminoso

di cui la barba è candida per gli anni

è sparito: ora l'ospite si volge

lontano dalla casa dello sposo.

Se n'andò come un uomo sbigottito,

fuor dei sensi caduto:

e l'indomani si levò diverso,

più triste ma più saggio divenuto.

Traduzione di Mario Luzi



Un testo così sarebbe mai accettato su questo sito? Io credo di no.
Eppure...secondo me un testo come questo è degno più di qualsiasi altro testo mai pubblicato su questo sito (mio o da chiunque altro) di starci.

La traduzione non rende quanto l'originale ovviamente, ma almeno arriva il testo anche a chi dovesse essere a corto di inglese.